Libera è a Napoli, lungo corteo per dire no alle mafie e no alla guerra 

La ragazza ha una ciocca di capelli viola, in tinta con la giornata contro tutte le mafie, l’amica una maglia troppo corta che lascia scoperto l’ombelico, il tipo che le prende a braccetto per raggiungere di corsa piazza Garibaldi indossa una felpa oversize, i jeans e le scarpe da pallacanestro. Non sono ancora le nove del mattino, la statua dell’eroe dei due mondi è presa pacificamente d’assedio dagli under venti che partecipano alla manifestazione di Libera. Una felice e scapigliata assemblea di millennials, radunata in piazza con le bandiere gialle e viola dell’associazione fondata da don Luigi Ciotti, saluta il primo giorno di primavera. Istantanee da Napoli. Il freddo della tramontana non scoraggia la partecipazione. Anche perché, si sa, i giovanissimi hanno il sangue caldo. L’immenso telo di venti metri per dieci con l’arcobaleno fatica a trovare lo spazio per essere srotolato, alla fine ce la fa, c’è sempre posto per la pace. Veder così tanta gioventù dà una scossa benefica, anche in giornate cupe come quelle che stiamo vivendo, con la guerra nell’est europeo. Non capita tutti i giorni. La lotta alla criminalità organizzata riguarda anche il mondo dell’agroindustria, né potrebbe essere altrimenti. Perché la mafia, storicamente, alle terre ci tiene. Ecco perché insieme a quelle di Libera sventolano le bandiere rosse della Flai Cgil. Il segretario generale Giovanni Mininni percorre lintero corteo dietro lo striscione con su scritto ‘Seminiamo legalità’, in perfetta sintonia con gli umori della giornata e le richieste della piazza. Sradicare le organizzazioni criminali dalla società è una priorità, una necessità che non può essere rimandata. Come ogni anno, la giornata viene dedicata a un tema in particolare: in questo 2022 la parola d’ordine Terramia – Coltura/Cultura spiega che così come bisogna prendersi cura dell’ambiente in cui viviamo, altrettanto bisogna fare con le coscienze. Non ci sono solo i figli, ci sono anche i genitori in piazza, donne e uomini che hanno trasmesso ai propri ragazzi l’educazione alla legalità e al rifiuto di ogni prepotenza e ogni sopruso. Il grido contro le mafie di studenti e familiari delle vittime innocenti attraversa il centro di Napoli. Con in testa il fondatore don Luigi Ciotti, la grande manifestazione organizzata per il ventisettesimo anniversario della giornata della memoria e del ricordo passa davanti a palazzo San Giacomo prima di arrivare in piazza del Plebiscito, un viaggio in una metropoli meravigliosa, forse quella più internazionale della penisola, luogo di incontro di tante culture diverse. Durante il corteo una voce scandisce con l’altoparlante i nomi delle 1.055 vittime innocenti di mafia, una guerra, perché questa è una guerra che chiama ogni coscienza civile a prendere posizione. Sfilano i gonfaloni dei Comuni, insieme agli studenti camminano fianco a fianco le donne e gli uomini delle istituzioni, sindaci con le loro fasce tricolori, dal presidente dell’assemblea di Montecitorio Roberto Fico che è nato qua, a Giuseppe Conte del movimento Cinque stelle, le organizzazioni sindacali si mischiano a quelle studentesche, unite da un comune sentire. Arriva il saluto del capo dello Stato, Sergio Mattarella, che ammonisce: “La memoria è richiamo conto l’indifferenza, per segnalare che la paura si sconfigge con l’affermazione della legalità”. In contemporanea con la piazza di Napoli, in centinaia di città italiane, in Europa, in Africa e in America Latina, cittadini e associazioni si riuniscono per leggere i nomi delle persone uccise dalle mafie: un momento di riflessione e incontro per testimoniare la propria vicinanza ai familiari delle vittime che ancora cercano giustizia. Viene un piccolo nodo alla gola mentre i parenti leggono i nomi dei loro congiunti vittime delle mafie. Sul palco di una delle più grandi piazze italiane, la parola va a Luigi Ciotti, anima di Libera. “Abbiamo una guerra alle porte di casa nostra. È giusto e doveroso essere vicini alla vita, alle persone che in questa Europa stanno soffrendo – ricorda a tutte e a tutti – È un dovere e una responsabilità ma non abbiamo parlato delle altre 33 guerre che ci sono nel mondo perché non toccano certi interessi”. Don Ciotti facendo riferimento ai cittadini ucraini costretti a fuggire dal  proprio Paese definisce “il loro migrare una deportazione indotta che avviene sotto gli occhi del mondo”. Poi, plaudendo all’accoglienza subito offerta dall’Europa, puntualizza che “se i profughi hanno la pelle nera, i percorsi sono ancora molto complicati. Non è facile non è retorica: il Mediterraneo continua a essere cimitero della speranza di migliaia di persone. Europa dove sei?”. E rispetto al sì della Camera all’aumento del 2 per cento del Pil per spese militari, don Ciotti dice quello che tante italiane e italiani pensano: “È una scelta immorale, anti storica. È un bagno di sangue anche economico per l’incapacità di dire basta ai bagni di sangue umani”. Ciotti ricorda a che “l’80% dei familiari delle vittime della mafia non conosce la verità e i familiari chiedono verità, perché solo così possono ottenere giustizia”. È primavera, nonostante il vento freddo e il mare increspato. Alla fine la piazza inizia lentamente a svuotarsi sotto lo sguardo di Ferdinando I e Carlo di Borbone. Sembra sorridano anche loro di fronte al cartello di un manifestante sempreverde, che dà voce al pensiero di chiunque è venuto qui oggi: “La mafia è una montagna di merda”.

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