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Lavoratori dell’alimentare europeo, uniti si vince

Oggi a Bruxelles, il primo incontro della due giorni belga della Flai Cgil, dedicato al futuro dei Comitati aziendali europei (i Cae). Il segretario generale Giovanni Mininni: «Il sindacato deve essere internazionale, altrimenti rischia di fare da spettatore e consegnarsi ad una logica che è solamente dell’impresa»

Cosa può fare un Cae in un’epoca in cui le relazioni industriali sono governate da profitto e conflitto? Come può organizzarsi, muoversi, garantire a lavoratrici e lavoratori informazioni attendibili, accesso ai management aziendali, strumenti per difendere i propri diritti? Cae, ovvero comitati aziendali europei: il loro destino, il loro avvenire, la loro importanza. Se ne è parlato a Bruxelles, nella sede Etf (la Federazione europea dei sindacati dei trasporti, ndr), in un ampio dibattito organizzato dalla Flai Cgil con delegate, delegati, funzionari e rappresentanti delle istituzioni. Il primo di due giorni di lavori che domani porteranno l’organizzazione sindacale del settore agroalimentare dentro il Parlamento europeo a discutere di lavoro nella nuova agricoltura europea. 

TESTIMONIANZE
Un racconto, introdotto da un’illustrazione sulla natura dei Cae (“Uno strumento imprescindibile per affrontare le grandi trasformazioni del lavoro”), esposta da Laura Svaluto della Fondazione Metes, che è passato innanzitutto dalle testimonianze dei delegati di alcune delle più note multinazionali. Ha cominciato Federica Gandini, Cae della Barilla, che ha invocato “maggiore dialogo, informazioni più tempestive, affidabili e comprensibili”. La fotografia di Simona Marchesi, Cae della Nestlè, è stata illuminante: “Oggi la difficoltà è non farsi tagliare fuori dalle aziende, soprattutto le multinazionali, che parlano direttamente alle persone, magari attraverso i social. Ecco perché è fondamentale avere un coordinamento europeo dell’attività sindacale. E serve un sindacato che instauri relazioni solide ma che sappia da che parte stare seduto. Noi non siamo al fianco dell’azienda, ma dei lavoratori e delle lavoratrici”. Michele Quarato, Cae Heineken, ha sottolineato le cose da migliorare: “C’è un’oggettiva difficoltà a coordinare l’attività dei Cae, perché ogni Stato ha la sua legislazione sui diritti dei lavoratori. Pur essendo uno strumento utile a promuovere la partecipazione dei lavoratori ai processi decisionali nelle aziende, non è del tutto efficace, anche perché non ha alcun potere decisionale. Il contesto economico e sociale non è facile, ma serve lottare per invertire la rotta verso mari dove sventoli la bandiera dei diritti del lavoro”.

SOLIDARIETÀ
La tavola rotonda che segue, cui partecipano, tra gli altri, il direttore del Dipartimento formazione dell’Etui (European trade union institute, ndr) Fabio Ghelfi e Monica Ceremigna del dipartimento Internazionale della Cgil, svela qual è la parola chiave: “Lo scopo del Cae è costruire solidarietà – racconta Peter Schmidt, presidente della Sezione Ambiente, Sviluppo rurale e Agricoltura del Comitato economico e sociale europeo -. E organizzare il conflitto, portare le questioni dei lavoratrici e lavoratori a coloro che decidono. Dobbiamo avere un accesso umano e politico a chi decide, per raccontargli quale sarà l’impatto delle loro decisioni”. Enrico Somaglia, segretario generale dell’Effat (la Federazione europea dei sindacati dell’agroindustria, del turismo e del lavoro domestico, ndr), chiarisce: “Solidarietà significa parlare con una sola voce, mobilitarsi per i compagni in lotta. Costituire un Cae è solo uno dei passi, ma c’è bisogno di molto di più: formazione, presenza, mobilitazione. Il Cae funziona meglio se funziona come strumento sindacale. Dobbiamo cambiare anche la nostra mentalità”.

ORGANIZZIAMOCI
Le conclusioni del dibattito spettano a Giovanni Mininni, segretario generale della Flai: “Un sindacato deve essere internazionale e, quindi, conoscere i processi della geopolitica, altrimenti rischia di fare da spettatore e consegnarsi ad una logica che è solamente dell’impresa. Il Cae, in fondo, è uno strumento neutro, è fondamentale l’utilizzo che se ne fa. Possiamo agire se ci diamo una dimensione multinazionale anche noi, è per questo che da anni crediamo e investiamo nel sindacato europeo”. La solidarietà, come è stato detto, è fondamentale. “Poi – spiega Mininni -, la condivisione delle informazioni che si ottengono nei Cae, attraverso riunioni in cui si metta a punto una strategia che detti l’agenda alle multinazionali. Altrimenti, finiremo anche noi fagocitati da questa avidità di profitto che regola le aziende, per cui i lavoratori si licenziano ma la produttività non si tocca. Ecco perché dobbiamo organizzarci”.

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