Intervista di Giovanni Mininni a LEFT

“Carestia e speculazioni, anche per questo la guerra va fermata”
 
 
FRIDA NACINOVICH

 

“Fermare la guerra è l’unica scelta possibile per evitare ulteriori luttidevastazioni, e un aggravamento della crisi economico-sociale che già stiamo vivendo.Il segretario generale della Flai Cgil, Giovanni Mininni, ne è convinto. Guarda con preoccupazione crescente alla corsa agli armamenti.Non solo da parte dell’Ucraina, rifornita generosamente dall’Occidente, e della Russia, ma anche al riarmo deciso dalle principali nazioni europee. 

 

Segretario, non è certo questa l’Europa in cui credeva Altiero Spinelli.   

 

Questa non è l’Europa libera e unita che volevamocostruire dopo la Seconda guerra mondiale, con ancora negli occhi gli orrori che ogni conflitto armato porta con sé: decine di milioni di morti, immani devastazioni, sofferenze inaudite.Non dobbiamo mai dimenticare ciò che è stato.Quella che si è venuta configurando non è l’Unione europea che avevamo sognato, non è quell’Europa dei popoli capace di far sentire tutto il suo peso politico – stiamo parlando di 500milioni di persone – e svolgere così un’efficace opera di mediazione fra i russi, gli ucraini, e anche gli Stati Uniti e la Gran Bretagna. L’Europa ha agito in ordine sparso, non è riuscita a evitare l’escalation bellica che ha provocato la morte di migliaia di civili innocenti.Nulla è stato fatto negli ultimi anni di fronte alla palese violazione degli accordi di Minsk, che avevano bloccato, pur temporaneamente, il primo conflitto russo ucraino.Questo non toglie che la guerra si sia riaccesa con l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. 

 

La sinistra dispersa nei suoi cento rivoli e soprattutto la maggior parte del popolo italiano, sondaggi alla mano, è apertamente contraria alla guerra. In questa primavera che sta per finire non c’è stato appuntamento di piazza che non sia stato contrassegnato dalle bandiere arcobaleno. E le parole del Papa sono state chiare: “Pazzi”, ha detto rivolto ai belligeranti. E a chi li sta sostenendo. 

 

La guerra è il fallimento della politica, non sono il primo e non sarò l’ultimo a dirlo. La guerra è anche la negazione dell’umanitàEppure, gran parte della politica italiana si è subito arresa di fronte alla supposta inevitabilità di un conflitto armato all’interno dei confini europei. E ora, dopo quasi tre mesi di guerra, documentata dai media con tutte le possibilità tecnologiche offerte oggi, quelle per intendersi che ti fanno entrare la guerra in casa, la politica stenta ancora a sintonizzarsi con il proprio elettorato.La maggior parte dei governi europei, compreso quello italiano, invece di attrezzarsi per tempo a una difesa continentale comune,ha delegato alla Nato a guida statunitense questo compitoOra poi, sull’onda dell’emergenza la vecchia richiesta della Nato di portare al 2% del Pil le spese militari dei singoli paesi Ue è stata di fatto approvata. In Italia succederà fra qualche anno, ma succederà. Un riarmo, plurimiliardario, che non farà altro che rafforzare la logica dei blocchi contrapposti.Delle aree d’influenza.Per giunta le decine e decine di miliardi che spenderemo ogni anno per armi sempre più sofisticate, sempre più devastanti, cancelleranno la possibilità di fare investimenti per il welfare, per il lavoro, per la sanità, per aiutare le fasce più deboli di una società sempre più impoverita. Non lo sostengo io, lo dicono tutti i rapporti sulle condizioni di vita della popolazione.

 

Ogni guerra, anche le altre cinquanta e passa ‘nascoste’ agli occhi dell’opinione pubblica, provoca come i terremoti effetti collaterali di enorme portata. Basta chiedere alle popolazioni del vicino Medio Oriente, o dell’Africa.

 

I numeri dellaFao sono eloquenti: Russia e Ucraina rappresentano il 30% del mercato mondiale del grano, il 55% di quello dell’olio di semi di girasole, il 20% di quello del mais – che è cibo per l’allevamento – e il 32% del mercato dell’orzo. Se ci mettiamo anche la Bielorussia, fedele alleata della Russia, Putin o non Putin,bisogna aggiungere la produzione dei fertilizzanti. In Paesi come la Tunisia o l’Egitto le quote di mercato coperte dai prodotti provenienti dalle aree del conflitto è di gran lunga maggiore rispetto aquelle dell’Italia. Sono Paesi popolosi, dove già in passato ci sono state rivolte per il pane. Nel 2008,sull’onda delle speculazioni internazionali, i cittadini di quei paesi, esasperati, scesero in piazza. Fu la scintilla che diede vita alle cosiddette primavere arabe, represse con migliaia e migliaia di morti. Non se ne esce: ogni guerra provoca sofferenze ai civili, e anche a quelli non direttamente interessati dal conflitto di turno. In un mondo interdipendente, ragionare concentrandosi solo sulle operazioni belliche, senza considerare i cosiddetti ‘effetti collaterali’, riflette una gran miopia di fondo.

 

A proposito, è bastato il post-pandemia per provocare, dopo due anni di stasi, un rincaro generalizzato dei prezzi delle materie prime, e anche di quelle seconde. Non appena nel mondo ‘occidentale’ si è diffusa la percezione che, grazie ai vaccini, il pericolo coronavirus si stava allontanando,abbiamo subito assistito ad aumenti generalizzati,slegati all’andamento dei prezzi di partenza. Poi è arrivata questa guerra, e almeno da noi si è creata la ‘tempesta perfetta’. Che morale se ne può trarre?

 

Rispondo guardando ai datidell’Istituto di servizi per il mercato agroalimentare,l’Ismea, che dimostrano comela lettura mainstream dell’aumento dei prezzi dovuto alla guerra russo ucraina sia falsa, e fuorviante. Quando si parla di carenza di materia prima, andrebbe ricordato che, come ha giustamente sottolineato il ministro dell’Agricoltura Stefano Patuanelliin Italia stiamo ancora usando il grano dell’anno scorso.Non c’è un problema di quantità, ma di speculazione. Invece per l’energia, per il gas, il problema del nostro paese è che non abbiamo fatto scorte per l’autunno prossimoE questo ci espone all’ottovolante delle quotazioni.In generale, l‘aumento dei prezzi dei beni di prima necessità rischia di essere solo l’ultimo elemento di uno scenario già di per sé complesso. In genere ‘governato’ dalla speculazione internazionale. Di conseguenza, andrebbero utilizzate tutte le risorse a disposizione per sostenere le lavoratrici, i lavoratori, le aziende che questi improvvidi aumenti hanno messo in gravissima difficoltà. Anche i salari, naturalmente, hanno bisogno di essere sostenuti. Prendiamo attodegli aiuti che il governo Draghi ha stanziato, ma non bastano.Appaiono più che altro pannicelli caldi. In queste condizioni bisogna porre all’ordine del giorno uno scostamento di bilancio. Dal mio peculiare osservatorio, anche su questo punto, mi trovo d’accordo con il ministro Patuanelli. Siamo di fronte al rischio concreto di perdere interi sistemi produttivi, e di un ulteriore impoverimento delle famiglie.La guerra russo ucraina peserà soprattutto sugli approvvigionamenti del grano nei paesi dell’Africa e del Medio Oriente. E gli effetti di questa ennesima emergenza coinvolgeranno anche l’Europa, che si troverà di fronte a nuove e imponenti migrazioni provocate dalla carestia e dalla fame. Il sindacato non èindifferente, tanto è vero che come Cgil abbiamo subito inviato aiuti al popolo ucraino e ne stiamo inviando altri, ci siamo attivati con la solidarietà al tempo stesso continuiamo la mobilitazione per arrivare il prima possibile alla pace. L’Italia dovrà chiedere all’Unione europea anche uno sforzo straordinario per un nuovo PNRR a causa della crisi dovuta alla guerra. Soprattutto se il conflitto andrà avanti, e non si apriranno sbocchi diplomatici in direzione della pace.
 
Per leggere l’intervista vai su www.left.it o sul settimanale cartaceo da oggi in edicola

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