Fermate la guerra

Nessun invio di armi all’Ucraina. No al riarmo deciso dal governo italiano

Documento conclusivo dell’Assemblea Generale FLAI CGIL del 24-25 marzo 2022

L’assemblea generale nazionale della Flai Cgil, assume e condivide i diversi contenuti degli interventi svolti, la relazione del segretario generale Giovanni Mininni e le conclusioni del compagno della segreteria nazionale della Cgil Roberto Ghiselli.

L’assemblea ribadisce che la guerra, qualsiasi guerra, è il fallimento della politica, è la negazione dell’umanità, è l’imbarbarimento dell’essere umano. La guerra fa arretrare la civiltà, annienta i processi di emancipazione, di liberazione e della pacifica convivenza tra i popoli.
La guerra interrompe i processi di uomini e di donne che si sono adoperati per far emancipare l’umanità e far andare avanti la Storia.

L’assemblea generale della Flai condanna con fermezza l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia di Putin schierandosi al fianco del popolo ucraino. L’invasione riapre fratture nei rapporti tra i popoli e tra i governi e interrompe i processi di pace che con la fine della seconda guerra mondiale e la fine della guerra fredda si erano faticosamente costruiti.

L’assemblea condanna fermamente la scelta della Russia di passare alla forza delle armi e dell’odio chiudendo lo spazio al confronto e al dialogo e aprendo la strada al baratro, cambiando lo scenario geopolitico del mondo. Dopo questa guerra e quando questa follia terminerà, augurandoci che sia il prima possibile, non sarà tutto come prima e non solo tra Russia e Ucraina.

L’assemblea non intende sottovalutare le responsabilità che Zelensky e il suo governo hanno nell’aver inasprito il clima ed i rapporti con la Russia. Hanno sottovalutato quello che Putin stava ormai preparando da tempo: l’invasione dell’Ucraina perché non voleva avere la NATO alle porte.

Putin ha commesso un grave atto invadendo un Paese sovrano e niente può giustificarlo. La sua scelta, e del suo governo, sta provocando sofferenze immani ad un popolo, quello ucraino, che non ha nessuna colpa per le scelte compiute dai propri governanti e sta procurando anche al popolo russo sofferenza e maggiori povertà perché le sanzioni, anche se è giusto farle, come purtroppo spesso accade si abbatteranno con maggiore peso proprio sul popolo russo.

La guerra in atto mette in luce il fallimento dell’Europa come entità politica, facendo arretrare in un sol colpo le positività degli ultimi anni, a partire dalla scelta europea del green deal, della gestione solidaristica della pandemia nella scelta di derogare i patti di stabilità, della scelta del recovery fund.

La scelta di Putin e del suo Governo di invadere l’Ucraina modifica totalmente lo scenario internazionale nel quale l’Europa è inesistente. Essa si è dimostrata incapace di essere all’altezza di giocare un ruolo autonomo e autorevole nelle trattative che potevano scongiurare l’escalation e la guerra, ma anche sul proprio territorio, nel dirimere una crisi il cui epilogo stiamo tristemente vivendo in questi giorni ma che, in realtà, andava avanti da anni con una guerra strisciante nel Donbass: ovvero gli scontri armati tra milizie

separatiste filo-russe ed esercito ucraino che in 8 anni ha provocato 14.000 morti e le continue violazioni dei trattati di Minsk che potevano essere una via d’uscita.

Così come è innegabile che l’Occidente non abbia svolto un ruolo neutrale negli anni in cui si svolgevano quei fatti e poco si è adoperato per stemperare il clima ed i rapporti tesi tra Russia e Ucraina. Soprattutto gli Stati Uniti e la NATO hanno importanti responsabilità estendendo l’alleanza del Patto Atlantico alle porte della Russia, non rispettando i vecchi accordi che, all’atto dello scioglimento dell’Unione Sovietica, avrebbero dovuto lasciare una cinta di sicurezza di paesi neutrali tra la Russia e la Germania.

Tutto è andato avanti inesorabilmente nella volontà degli USA di estendere la propria influenza, con la logica di sempre: esportare la democrazia, il nostro modo di vivere e la nostra libertà; e non dobbiamo, invece, smettere di ricercare e ritrovare l’idea di “Multilateralismo” come opportunità di costruire le relazioni con altri paesi del mondo ed aprirsi ad altre culture diverse dalla nostra come momenti di crescita, non dobbiamo mai dimenticare il rispetto delle differenze.

E dobbiamo ritrovare e non rinunciare alla complessità del pensiero e delle scelte; solo così si evitano semplificazioni e tifoserie. Il rischio che viviamo è quello dello schieramento a tutti i costi, della logica di amico o nemico, della forza al posto della ragione.
La situazione è davvero delicata e non possiamo fare l’errore di sottovalutarla. Un ruolo importante è quello del sistema di informazione e dei mass media, va fatta attenzione al rischio che alimentino le propagande e il pensiero unico.

E la logica della semplificazione purtroppo è stata la prima reazione di quasi tutti i governi europei, compreso il nostro Paese, di andare verso il riarmo dei propri eserciti, con risorse che contribuiranno ad alimentare il debito del nostro Paese. L’assemblea generale critica aspramente questa scelta.
Ingenti investimenti, più di tutti la Germania, previsti da subito e per i prossimi anni, porteranno i Paesi europei ma non solo, a rafforzare le logiche di blocchi contrapposti e di aree di influenza per accaparrarsi risorse ma anche per stabilire nuovi equilibri geopolitici mondiali.

Ha fatto bene la CGIL a dire che non si devono inviare armi proprio perché siamo in questa situazione molto delicata dove l’escalation non è partita con l’invasione dell’Ucraina ma va avanti da molti anni in un continuo crescendo di violenze e allargandosi a nuovi territori.
Proprio per questo motivo, inviare le armi vuol dire schierarsi da una parte e alimentare il conflitto in un momento in cui la tensione è altissima e rischia di esplodere tutto. Dobbiamo invece comprendere che ci troviamo di fronte ad una questione complessa e, in quanto tale, non possono esserci risposte semplici o immediate.

L’assemblea generale della Flai si impegna con forza affinché in ogni luogo, col contributo fondamentale dei nostri delegati, e in ogni occasione sia richiesto l’IMMEDIATO CESSATE IL FUOCO e la partenza di una trattativa vera.
La crisi dell’ONU è sotto gli occhi di tutti e la sua debolezza si somma a quella di una Europa unita che non esiste, ma non dobbiamo arrenderci e dobbiamo adoperarci affinché tacciano le armi e si dia ristoro alla popolazione civile e salvezza.

Per costruire una vera trattativa che cerchi la pace è necessario conoscere e riconoscere ciò che vogliono, sia l’aggressore che l’aggredito.

L’assemblea generale impegna la categoria, in un costante rapporto con le organizzazioni umanitarie, per mettere in campo tutte quelle iniziative che consentano l’accoglienza e l’ospitalità di tutti coloro che

fuggono da ogni guerra. E si impegna a contribuire con determinazione alla partecipazione di mobilitazioni e alla costruzione di ogni iniziativa per la pace.

La FLAI nazionale ha immediatamente aderito alla raccolta di beni alimentari e sanitari, lanciata dalla CGIL, da inviare in aiuto al popolo ucraino e l’assemblea generale decide di attivarsi con ulteriori iniziative di solidarietà.

Per quanto riguarda il settore agroalimentare va posta attenzione critica alla narrazione che le nostre controparti datoriali danno degli effetti che la guerra sta avendo sulle esportazioni e le importazioni dalla Russia e dall’Ucraina; certamente la dipendenza del nostro paese dal gas russo ha una ricaduta negativa ma va posta attenzione a dinamiche di speculazione e sciacallaggi che purtroppo compaiono in concomitanza con i conflitti armati e quando scarseggia una merce.

Dobbiamo costruire consapevolezza e conoscenza, anche con il contributo della Fondazione Metes, della situazione reale, per evitare che la drammatizzazione impatti negativamente sulla contrattazione e abbia ricadute negative sull’occupazione.
La Flai chiede con forza al Governo, in particolare al Ministero dell’agricoltura, di attivarsi per contrastare le speculazioni sull’economia agricola e sulle filiere del settore agroalimentare il cui effetto negativo non farebbe altro che peggiorare le condizioni di lavoratori e lavoratrici, contribuendo ad aumentare lo sfruttamento del lavoro e conseguentemente il caporalato.

Deve essere chiaro che uno scenario così difficile e complicato da tante variabili e tante crisi, pandemica, climatica, energetica, sociale ed economica che si sovrappongono, ci chiama ad una massima attenzione e senso di responsabilità nel valutare le situazioni che si prospettano davanti e alle necessarie e conseguenti decisioni che dovremo assumere già nelle prossime settimane.

L’altro allarme riguarda la PAC e il tentativo di far slittare l’entrata in vigore della PAC con conseguenze negative sulla condizionalità sociale e sulla sostenibilità ambientale.

L’assemblea nazionale si impegna a contrastare il tentativo di far slittare l’entrata in vigore della nuova PAC, che ha subito già uno slittamento a causa del Covid, e il ritiro o modifica delle strategie “Farm to Fork” e “Biodiversità” che sono la traduzione del Green Deal europeo per l’agroalimentare.

Siamo ancora nel pieno dell’emergenza per i cambiamenti climatici che, ogni giorno che passa, ci ricordano quanto sia necessario cambiare questo modello di sviluppo non più sostenibile per il pianeta.
Idealmente oggi, 25 marzo, siamo in piazza con i ragazzi dei “Fridays for Future” che hanno proclamato uno sciopero per il clima per ricordare a tutti che il tempo per invertire la tendenza è scaduto. Questo movimento va ascoltato e aiutato perché pone temi radicali e profondi e ha fatto bene la CGIL a solidarizzare con esso.

La questione climatica e dello sviluppo sostenibile si lega intimamente ad un’altra emergenza che stiamo vivendo, quella della transizione energetica. Le fonti fossili non sono più sostenibili e bisogna proseguire con coraggio, il cammino iniziato verso fonti di energia rinnovabili. Diventa necessario, perciò, implementare ancora di più la ricerca e aiutare le imprese e, con la formazione, i lavoratori nel procedere verso una “giusta transizione”.

Questo contesto, che sta alimentando un’inflazione che non vedevamo da anni con la conseguente perdita di potere d’acquisto, richiederebbe il massimo coinvolgimento delle parti sociali, a partire dalle

organizzazioni sindacali, per evitare effetti disastrosi sul paese e sul mondo del lavoro. Vanno riprese con forza le ragioni che ci hanno portato alla mobilitazione e allo sciopero generale del 16 dicembre.
Temi come la riforma fiscale, le risorse del PNNR, la riforma degli ammortizzatori sociali e del sistema previdenziale, con particolare attenzione alle istanze del lavoro agricolo, non devono essere messi in cantina a causa della guerra in atto ma vanno rivendicati con forza.

L’assemblea, infine, chiede che vada rivista la nuova norma sull’assegno unico universale che, oltre alle varie criticità, graverà in particolar modo sui lavoratori migranti.

La fase che viviamo rischia di creare nuove povertà e nuove sacche di disuguaglianze e mai come in questa fase serve confronto e unità dei lavoratori.

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