Donna, vita, libertà nelle parole di Samira e Maryam


 
L’VIII Congresso della Flai Cgil si è aperto con la voce di due giovani donne, una delegata originaria dell’Iran e una rifugiata afghana. Nelle loro toccanti testimonianze il racconto diretto di quello che avviene in due Paesi, dove diritti e libertà sono negati ma dove, proprio dalle donne, dal loro coraggio è partito un moto di rivolta. A rischio della propria vita le donne hanno chiesto a gran voce di essere libere, di poter andare a scuola, di poter uscire vestite come vogliono loro e non come imposto da leggi assurde e retrive. La risposta è stata repressione, uccisioni, torture.
Di seguito riportiamo integralmente gli interventi di Samira Lotfi Khah e Maryam Barak
 

Samira: in memoria di Mhasa Amini e di tutte le donne e uomini che lottano per la libertà


Sono Samira e sono iraniana ma anche italiana. Sono qui per tutte le donne e uomini che in questo momento buio, nel mio Paese, stanno combattendo per la loro libertà rischiando la vita.
Come ormai tutti sappiamo in Iran è un periodo particolare di proteste contro il governo a causa della violenza della polizia morale contro le donne che vivono nel paese e che sono costrette da leggi a coprirsi completamente dalla testa ai piedi per uscire di casa vedendosi così negati i più basilari diritti di libertà personale.
Mahsa Amini arrestata il 16 settembre a Teheran, perché́ non Vestiva come impone la legge della sharia. Dopo l’arresto é stata picchiata a morte dagli agenti. Questo evento alla fine ha scatenato proteste in tutto l’Iran, scontri e rivolte, che sono state sedate con le armi dall’esercito iraniano, portando a circa 520 morti e 11 condanne a morte, fino ad ora.
I capi di accusa per i manifestanti sono “Muharebeh” ovvero “guerra contro Dio”. Le condanne vengono comminate al termine di processi farsa durante i quali vengono usate confessione estorte con torture.
Io stessa ormai 11 anni fa ho lasciato il mio Paese, la mia città, i miei familiari e i miei amici perché́ ero in cerca di Libertà, le libertà che per chi vive nel mondo occidentale sono così normali da essere scontate. Nel mio Paese esiste un sistema di leggi atte a privare le libertà delle donne, che vivevo sulla mia pelle ogni giorno.
Ricordo ancora quando riuscivo a procurami dei cd con i film stranieri non censurati dal governo, una sensazione di vittoria, breve finché le scene di vita occidentale non mi ricordavano quanto poco avessimo. Lì anche piccole libertà che qua sono normalità, sono vietate,
Nel mio Paese la mia generazione è chiamata la “generazione bruciata”, perché́ siamo la prima generazione venuta dopo la rivoluzione islamica del 1979, e siamo la prima generazione che ha avuto meno libertà dei nostri padri.
Quando sono venuta qui in Italia, dopo mille sacrifici, e provenendo da un mondo chiuso, mi sono sentita una bambina che da sola deve fare tutte le scoperte, una seconda nascita.
Dopo aver terminato gli studi in Italia, avevo chiare le idee, quella vecchia vita non era accettabile e non doveva esserlo per nessuno, così ho continuato il mio percorso di vita in Italia lontana, dalla mia famiglia, finché non ho creato la mia e sono stata abbastanza forte da portare tutti i miei familiari qui con me.
Il mio Paese è un posto bellissimo non fraintendetemi, molti stranieri che lo visitano rimangono innamorati dalla bellezza dei luoghi, ma l’idea che ancora nel 2023 le donne vengono uccise per una ciocca di capelli, e che esistano delle leggi che lo rendano possibile non è accettabile.
Non è nemmeno più accettabile che le persone debbano lasciare la loro terra natale per poter avere la libertà, le proteste che ci sono state in questi mesi sono un segnale che la popolazione è stanca di scappare e lasciare la loro casa solo perché soffocati da leggi di migliaia di anni fa.
In questi giorni finalmente l’Unione europea al pari dell’America hanno iscritto questi assassini spietati, i pasdaran, nella lista dei terroristi, questo è un passo importante verso la presa di coscienza di noi tutti nei confronti di questa finta democrazia che comanda e impone i suoi dogmi con condanne a morte, isolamento e di politiche di terrore.Il mio più grande desidero è quello di vedere, le future generazioni, non soffrire più come abbiamo fatto noi, e che tutti abbiamo le stesse possibilità.
Adesso vi chiedo un forte applauso in memoria di Mhasa Amini e di tutte le donne e uomini che lottano per la libertà.
 
 

Maryam: oggi alziamo la nostra voce per essere trattate come esseri umani
Buongiorno a tutti, sono Maryam.
Voglio parlare in italiano e chiedo scusa in anticipo per errori. Prima di tutto grazie per avermi dato l’opportunità di essere qui e di essere la voce delle donne Afghane che non hanno voce. 
Quelle donne che sono state dimenticate ed eliminate dalla società Afghana.
Quelle donne che sono private da sempre dei loro diritti umani fondamentali, 
Quelle donne che sono vittime delle guerre, della tradizione e di politica.
Quelle donne che da circa 15 mesi sono chiuse a casa e non possono andare in scuola e l’università
Quelle donne che non hanno diritto di lavorare e neanche di uscire da casa per respirare l’aria fresca.
Negli ultimi venti anni non abbiamo avuto la pace però avevamo la libertà ed il diritto di essere trattati come essere umani. 
Avevamo il diritto di andare in scuola e all’università, avevamo diritto di lavorare, la gente accettava la nostra presenza nella società.
La mentalità maschile nei confronti delle donne era un po’ cambiata e adesso è tornato tutto come prima, e ancora una volta noi donne afghane stiamo rivivendo lo stesso incubo di venti anni fa.
Negli ultimi anni, i talebani non sono cambiati… l’unico cambiamento importante che c’è stato siamo noi donne Afghane.
Mentre venti anni fa eravamo private di qualsiasi diritto e attività sociale, oggi noi donne Afghane stiamo lottando per i nostri diritti, alziamo le nostre voci per essere trattate come essere umani, questo perché negli ultimi 20 anni, abbiamo avuto la possibilità di studiare e siamo consapevoli di nostri diritti sia religiosamente, tradizionalmente che culturalmente.
E per molti questo non è accettabile, per questo motivo i talebani stanno uccidendo le donne che hanno studiato e le donne che sanno qualcosa.
Io lavoravo come giornalista, ma sono dovuta andare via dall’Afghanistan perché i talebani uccidono i giornalisti, soprattutto le donne. E i media afghani sono sotto la pressione e repressione, perché sono l’unica fonte che cattura e racconta di quello che stanno combinando i talebani. 
Noi donne afghane siamo deluse dalla comunità internazionale perché ci ha dimenticato. Il mondo è silenzioso, non si parla più di quello che sta succedendo in Afghanistan e soprattutto di donne afghane.
Io mi chiedo sempre perché i talebani sono cosi super potenti che nessuno può fermarli o controllarli? Perché siamo stati dimenticati nonostante tutti questi problemi?
Non riesco a trovare la risposta …. Ma posso dire che noi donne afghane siamo una affianco dell’altra, non vogliamo arrenderci,   ci sono le donne che insegnano ancora alle ragazze giovani in maniera segreta nelle loro case  ci sono le donne che in questo momento nonostante tutti ostacoli, protestano, escono per le strade, sperando che un giorno ancora una volta troveremmo quel sorriso e quei diritti che ce li meritiamo.
Come ragazza Afghana, invito la comunità internazionale a prestare attenzione e sostenerci in questa battaglia, e chiedo soprattutto di dare la possibilità di studiare alle donne afghane (come borse di studio) perché solo con educazione e istruzione noi donne possiamo combattere questa ignoranza.
Perché istruzione e educazione sono l’arma più efficace contro l’ignoranza.
Grazie a tutti.

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