RADICI – Parola alle donne

Il 24 e 25 novembre del 1901 si tenne a Bologna il primo Congresso Nazionale della Federterra.

Riportiamo alcuni passaggi del resoconto stenografico dei lavori, conservato nel fondo dell’Archivio Storico “Donatella Turtura” della Flai Cgil nazionale.

Durante la seduta antimeridiana della prima giornata del Congresso, Argentina Altobelli presenta la seguente mozione d’ordine:

“Siccome abbiamo circa un’ora e mezzo da intrattenerci su questa importantissima questione, e molti sono ancora i contadini iscritti per parlare, chiederei che si lasciasse la facoltà di parlare alle rappresentanti delle leghe femminili, che sono sorte da poco tempo e sono un fenomeno nuovo ed interessante. E siccome purtroppo le donne non sono ancora abituate ai congressi, così se qualcuna di esse crede di poter parlare sulla organizzazione del suo paese, si faccia iscrivere e chieda al presidente di riservarle la parola. Se non ci fosse alcuna donna in condizione di poter parlare, parli un contadino. Sono molti, debbo dire a onore degli organizzatori, i contadini che hanno formato le leghe femminili”.

Tra le donne che prendono la parola c’è Maria Cocchi, rappresentante della lega femminile di San Biagio di Ferrara che contava 250 socie.

“Eravamo in 300, ma con le chiacchiere di un prete in chiesa, molte si sono levate dalla Lega, perché – dicono – queste sono tutte cose che non usano in questo mondo. Noi abbiamo cercato di trattenerle, ma non ci siamo riuscite. Di quelle uscite molte sono andate nella lega professionale di quel benedetto prete. […]

Il 1° aprile abbiamo scioperato, perché ci davano 70 centesimi il giorno, mentre noi volevamo un aumento di 10 centesimi. I proprietari non volevano acconsentire.

La Lega non era costituita, ma noi abbiamo scioperato lo stesso. Dopo tre giorni siamo andate dal proprietario per vedere se voleva concedere la mercede chiesta. Siccome ci rispose che più di 70 centesimi non ci voleva dare, allora stemmo in sciopero altri due giorni.

Ma quando il proprietario acconsentì a darci i 10 centesimi, allora, siccome ci aveva fatto stare in ozio, chiedemmo l’aumento di 20 centesimi che ci fu concesso. I proprietari firmarono di darci 90 centesimi per tutto il mese di aprile. Nel mese di maggio volevamo una lira e nella bonifica 1,10; accettarono anche questi patti. Poi non ci concessero che una lira nella bonifica e 90 centesimi nella campagna. Noi, per non fare un altro sciopero, ci accontentammo di. Quest’altr’anno però torneremo di nuovo a chiedere.

Abbiamo formato anche la tariffa per le barbabietole. Ci avevano concesso 22 centesimi l’ora, o 30 centesimi il quintale a cottimo. Potevamo prendere come ci piaceva.

Quando siamo arrivate al momento delle barbabietole, allora il lavoro giornaliero non ce lo volevano dare, e volevano darci soltanto il lavoro a cottimo. Fatta una prova, abbiamo veduto che venivamo a prendere 14 soldi il giorno. Allora abbiamo tenuto fermo che volevamo l’opera giornaliera a 22 centesimi l’ora. Dicevano che eravamo prepotenti, perché volevamo fosse rispettata la tariffa firmata da loro!

Veniamo agli accomodamenti per la terra da seminare a grano turco.

Avevamo deciso di prendere tutta la terra, che volevano dar via i padroni. Gli operai sono andati dai padroni e si sono fatti dare la quantità di tornature della terra, e poi decisero di distribuirle fra i lavoratori dei paesi limitrofi.

Noi abbiamo fatto un’adunanza e abbiamo pensato che questa era una cosa che non poteva esistere. Prendendo la terra loro operai, noi non potevamo più lottare contro i padroni, perché a primavera dovremo lottare contro di loro. Le leghe di Lavezzola, di Ravenna, federate con noi, avevano promesso di lasciare la terra e invece la tennero.

Io sarei felice che fosse presa la deliberazione su questo punto, e che i compagni e le compagne lasciassero la terra, perché noi dobbiamo lottare contro i proprietari e non contro dei disgraziati come noi”.

 

 

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