Ragusa, braccianti agricoli schiavizzati per raccogliere il pomodoro. Cari ristoratori, perché non ci dite dove comprate la merce?

Salvatore Terranova, Flai Cgil: “Alcune aziende mettono insieme fino a mille lavoratori e li utilizzano metà mese con contratti regolari e l’altra metà in nero. I controlli sono rari se non inesistenti”

“Trentacinque euro costa la pasta al sugo di pomodoro più famosa d’Italia. A proporla è un noto ristorante stellato, la ricetta è ormai diventata un successo planetario – scrive Massimo Lorello su Repubblica Palermo – Trentacinque euro al giorno, per dieci ore di fatica, guadagna in nero un bracciante agricolo che si spezza la schiena a raccoglierlo, il pomodoro. Accade nelle campagne ragusane. Se finora avete pensato che la sperequazione fra costo del lavoro e prezzo finale del prodotto fosse un problema legato soltanto alla delocalizzazione, se finora avete creduto che lo sfruttamento della manodopera fosse una piaga dei cosiddetti Paesi in via di sviluppo, è solo perché non conoscevate l’agricoltura della Sicilia meridionale”.

Benvenuti nella terra dove i braccianti lavorano ufficialmente 12 giorni al mese ma per altri 13 fanno la stessa cosa in nero. Benvenuti nell’Isola della schiavitù. “Sono 28 mila i lavoratori stagionali nel Ragusano – spiega Salvatore Terranova, segretario generale della Flai Cgil – Alcune aziende mettono insieme fino a mille lavoratori e li utilizzano metà mese con contratti regolari e l’altra metà in nero. I controlli sono rari se non inesistenti”. Così lo sfruttamento va avanti e si consolida.

“Esiste ormai da anni il consumo critico che ci consente di scegliere prodotti realizzati nel rispetto dell’ambiente e dei lavoratori – conclude Lorello –  Potrebbero trarne ispirazione i titolari di ristoranti e pizzerie così bravi a magnificare sui social network la bontà dei loro piatti. Ci dite per favore in quali aziende comprate la roba? Sicuri che vengano garantiti i diritti dei lavoratori in quelle aziende? Potete informarci anche con una delle migliaia di scenette che diffondete sul web, saremo pronti come sempre a guardarle e stavolta anche a condividerle”.

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