Puglia, infortuni in agricoltura in aumento nei primi sette mesi del 2023. Flai Cgil: “Imprese non interessate a legalità”

Fondazione Metes, 6 denunce al giorno, +4,8% rispetto al 2022. Gagliardi: “Poche le adesioni alla Rete del lavoro agricolo di qualità”

La Puglia è la quarta regione italiana per aumento percentuale di infortuni sul lavoro in agricoltura nei primi sette mesi del 2023. Lo certifica l’indagine curata dall’Ufficio Studi della Fondazione Metes, promosso dalla Flai Cgil. Le denunce di infortunio in Puglia sono state 1.237, una media di 6 al giorno, con un +4,8% rispetto al 2022.

“Nella questione più generale e drammatica della sicurezza sul lavoro in Italia – commenta Antonio Gagliardi, segretario generale della Flai Cgil di Puglia – quello primario si conferma uno dei più esposti a causa del livello di sfruttamento ed elusione di ogni norma che caratterizza il settore”. Pratica illegale che caratterizza tutto il territorio nazionale, come certificano altri dati, quelli dell’Ispettorato nazionale del Lavoro. “Tra gennaio e giugno le percentuali di irregolarità sul totale delle ispezioni in agricoltura – spiega Gagliardi – sono stato del 67,7% per quanto riguarda la vigilanza lavoro, dell’84,4% per la vigilanza previdenziale e addirittura del 94,1% per la vigilanza assicurativa. Non si ha evidentemente alcun rispetto del lavoro, della persona, della tutela della sua salute. E il numero delle ispezioni, a causa dello scarso personale non adeguato alla gravità e diffusione del fenomeno, non è sufficiente”. 

Nel 2022 i lavoratori del settore agricolo interessati da irregolarità in tutto il Paese sono stati 7.174, di questi 2.195 scoperti a lavorare in nero, in 758 casi si è proceduto a contestare sfruttamento e caporalato e per 1.264 le violazioni hanno riguardato proprio i dispositivi di sicurezza. “In un lavoro come quello agricolo, prevalentemente stagionale e intermittente, il potere del ricatto padronale legato alla necessità di percepire un reddito e maturare giornate necessarie per accedere a istituti di sostegno al reddito – sottolinea Gagliardi – fa sì che per il lavoratore è praticamente impossibile esigere dispositivi di sicurezza adeguati, quando le stesse ore e il salario da contratto vengono elusi. Come categoria, grazie alla collaborazione dell’Inail, siamo impegnati in campagne di formazione e informazione dei lavoratori agricoli, anche proseguendo sul nostro modelli di sindacato di strada, itinerante. Ma serve far crescere cultura d’impresa, serve il contributo delle associazioni datoriali e dei propri iscritti. E anche in questo caso non ci sembra ci sia questa volontà per qualificare un settore strategico per la Puglia e rispettare la sua forza lavoro, quella che determina la ricchezza dell’agricoltura pugliese”.

Il segretario generale della Flai regionale si riferisce ai dati sconfortanti delle adesioni in Puglia alle sezioni territoriali della Rete del lavoro agricolo di qualità, “istituita presso l’Inps quale strumento di selezione delle imprese agricole che si distinguono per il rispetto delle norme in materia di lavoro, legislazione sociale, imposte sui redditi”. Lo stesso comitato Inps regionale definisce “negativo il quadro pugliese, ed esiguo il numero delle aziende iscritte. Solo 1.360 iscritte, la metà della provincia di Bari, rispetto a 220.000 aziende agricole censite dall’Istat. La Relaq avrebbe dovuto essere il tavolo di confronto tra istituzioni, sindacati e imprese per concordare gli strumenti di contrasto al caporalato, alla violazione delle norme, materia che costituisce dumping insostenibile e danneggia proprio le imprese che lavorano nel rispetto delle norme. Ma non sembra ci sia da parte degli imprenditori grande interesse per la legalità. Allora vogliamo che la risposta dello Stato sia adeguata, si proceda – anche incrociando i dati delle banche dati  – ad un’azione di repressione di quanti sfruttano il lavoro, evadono le tasse, mettono a rischio la salute degli operai. Chi opera nelle istituzioni periferiche produce ogni sforzo, tocca a chi ha compiti di governo dimostrare che non si è conniventi di un andazzo criminale. Invece di continuare a contestare una legge di dignità come la 199, si battano contro questi fenomeni e affinché si rafforzino gli organici ispettivi”.

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