Insieme alla Flai Cgil di Cosenza, ad Alpaa, all’Auser Nazionale, al mondo cattolico, la Fondazione Metes per raccontare una formazione che diventa integrazione
Nel cosentino un momento di riflessione e dibattito sul tema dell’immigrazione e dell’integrazione, verso un noi sempre più grande, oltre il confine, con particolare attenzione all’inserimento dei lavoratori stranieri nel territorio. Si inizia con un corteo che arriva a Piazza San Francesco, dove viene aperto il tavolo delle testimonianze. Il lavoro agricolo è un lavoro in movimento, fin dalla preistoria l’uomo e la donna si sono spostati alla ricerca di cibo, seguendo le fasi di semina e raccolta delle colture agricole. Seguendo le colture e interagendo con altre culture si sono aperti i confini e l’io è diventato noi e le popolazioni si sono mescolate, integrate, arricchite.
Oggi chi si sposta lo fa non solo per cercare cibo ma lo fa per scappare da carestie, guerre, soprusi, dittature e violenze di ogni genere. Chiudere i confini, o sfruttare, o peggio mettere in schiavitù chi ha diritto a spostarsi alla ricerca di futuro è contro la vita e contro la storia dell’uomo sulla terra. In un mondo ingiusto, dove il liberismo la fa da padrone, ci sono sempre più aree del pianeta ridotte alla fame e isole opulente. C’è bisogno di giustizia sociale e di integrazione.
“Ieri sera alla Festa dei popoli a Campora San Giovanni, insieme alla Flai Cgil di Cosenza, alla Alpaa, all’Auser Nazionale, e insieme al mondo cattolico come Fondazione Metes – spiega la presidente Tina Balì – siamo andati a raccontare la nostra idea di accoglienza, che parte dal bisogno di conoscere e veder riconosciuta la lingua italiana e che vede nella formazione non solo la possibilità di poter accedere al permesso di soggiorno e di cittadinanza ma una integrazione piena”.
Un bel progetto che va narrato ed esteso, per non arrenderci al disegno di segmentazione ed emarginazione in atto!