Caporalato in Toscana, sfruttavano ospiti del centro di accoglienza. Flai Cgil: “Sul contrasto preventivo serve salto di qualità” 

“L’ennesimo caso di sfruttamento e caporalato è lo spaccato di un’economia primaria sofferente, nonostante i continui sforzi per riportare la legalità nel settore agricolo, anche grazie alla legge 199/2016 contro il caporalato, al sindacato di strada che la Flai sta mettendo in pratica quotidianamente ormai da molti anni”, dichiarano la Flai Cgil insieme al suo segretario generale della Toscana Mirko Borselli. 

Sfruttati nei campi e negli uliveti fino a dieci ore al giorno, in un caso pagati meno di un euro l’ora, senza contratto, presi dal Centro di accoglienza straordinaria di Piombino. L’indagine ‘Piedi scalzi’ dei carabinieri del Nucleo operativo e radiomobile della compagnia di Piombino con il supporto del Nucleo carabinieri ispettorato del lavoro di Livorno ha consentito di ricostruire l’uso di manodopera illegale da parte di 6 titolari di ditte individuali operanti nel settore agricolo i quali, avvalendosi di altre persone per il reclutamento, il trasporto giornaliero e il controllo dei lavoratori, hanno impiegato, approfittando del loro stato di bisogno, 67 cittadini di nazionalità pakistana e bengalese. I carabinieri del comando provinciale di Piombino stanno eseguendo un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal gip del Tribunale di Livorno, nei confronti di 10 persone di nazionalità pakistana gravemente indiziate, a vario titolo e in concorso tra loro, del reato di “intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro”. 

“L’operazione ‘Piedi scalzi’ deve essere un ammonimento per tutti”, spiega la Flai Cgil. “L’indagine coordinata dalla procura di Livorno sul caporalato in agricoltura dimostra quanto ancora ci sia da fare per garantire l’applicazione della legge e dei contratti – sottolinea Mirko Borselli – Si susseguono i casi, anche nella nostra regione, in cui il fenomeno viene contrastato dalle forze dell’ordine in assenza di reale efficacia in termini di contrasto preventivo”. Per la Flai Cgil “serve un salto di qualità sul piano del contrasto preventivo, le sezioni territoriali del lavoro agricolo di qualità debbono divenire appieno un reale strumento di contrasto e prevenzione al caporalato. In metà delle provincie toscane, ancora a distanza di otto anni dalla legge 199 che le ha previste, le sezioni territoriali non si sono neanche insediate. Queste sezioni dovrebbero garantire l’incontro fra domanda e offerta di lavoro, fare da collocamento pubblico, garantire le politiche di accoglienza, offrire il trasporto dei braccianti. Questo va fatto territorio per territorio perché significa poter calibrare e agire sulle peculiarità e diversità presenti, significa togliere ai caporali gli strumenti che utilizzano per intercettare lavoratrici e lavoratori in stato di grave vulnerabilità. Quando lo stato non presidia arrivano loro”.

“Le indagini  – aggiunge Borselli – affermano altre dinamiche conosciute e su cui è necessario intervenire: il sistema degli appalti dietro cui si maschera sfruttamento dei lavoratori con vera e propria riduzione in schiavitù e di conseguenza condizioni lavorative che si prestano a gravi infortuni; caporali che reclutano lavoratori extracomunitari nei centri di accoglienza straordinaria in un contesto normativo che continua ad adottare un approccio emergenziale a fronte di un fenomeno strutturale, quello dell’immigrazione, che interessa regolarmente il nostro paese”.

La Flai Cgil, anche in Toscana, è in campo con il sindacato di strada come “strumento per intercettare lavoratrici e lavoratori che hanno evidenti difficoltà a presentarsi nelle nostre sedi, praticando il concetto di solidarietà e di riscatto da tutte le forme di sfruttamento”.

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