Toscana, rinnovato il protocollo anti caporalato. Borselli, Flai: “Non basta, bisogna applicare la 199”

Il documento regionale era stato firmato per la prima volta nel 2016. “Mi rivolgo alle istituzioni – dice Mirko Borselli, segretario generale Flai Toscana – siano attivate subito tutte le Sezioni territoriali della Rete del lavoro agricolo di qualità previste dalla legge 199, nella nostra Regione soltanto in cinque provincie si sono insediate”

È stato rinnovato ieri il “Protocollo contro il caporalato e lo sfruttamento lavorativo in agricoltura”, lo strumento con il quale Flai Cgil, Regione Toscana e gli altri firmatari puntano a innalzare i livelli di legalità, salute e sicurezza sul lavoro in agricoltura. L’intesa è stata sottoscritta da Direzione interregionale del lavoro del Centro, Inps – Direzione regionale Toscana, Inail – Direzione regionale Toscana, Cgil Toscana, Flai-Cgil Toscana, Cisl Toscana, Coldiretti Toscana, Cia Toscana, Confagricoltura Toscana, Agci Toscana, Lega Regionale Toscana Cooperative e Mutue, Confcooperative Toscana.

“Dopo tanti anni di azioni concrete e denunce fatte dalla Flai e dalla Cgil in Toscana, il caporalato nel settore agricolo è al centro dell’attenzione mediatica ed istituzionale – dichiara Mirco Borselli, segretario generale della Flai Cgil Toscana -. Parliamo di un fenomeno radicato nel settore primario del nostro territorio, dove gli appalti sono l’anello debole”.

“In questo contesto, il rinnovo del Protocollo regionale contro il caporalato non basta, serve un cambio di passo” aggiunge Borselli, che poi lancia un appello: “Mi rivolgo alle istituzioni, siano insediate e fatte funzionare subito tutte le Sezioni territoriali della Rete del lavoro agricolo di qualità (Relaq), nella nostra Regione soltanto in cinque provincie si sono insediate”.

Le Sezioni territoriali della Relaq sono uno strumento previsto dalla legge 199 del 2016, allo scopo di organizzare le attività di prevenzione dello sfruttamento lavorativo all’interno delle singole province italiane. Ad oggi, le Sezioni avrebbero la possibilità di incrociare le banche dati di Inps-Inail e Agea, e di compiere valutazioni anche attraverso l’utilizzo degli indici di congruità, al fine di aiutare le istituzioni a orientare nel modo migliore le ispezioni e i controlli.

Le Sezioni dovrebbero inoltre favorire l’incontro fra domanda e offerta di lavoro, predisporre politiche di accoglienza, occuparsi del trasporto dei braccianti, per togliere ai caporali gli strumenti che utilizzano per intercettare lavoratrici e lavoratori in stato di grave vulnerabilità. “Quando lo Stato non presidia, arrivano loro, i caporali – prosegue Borselli -. Le Sezioni territoriali sono strumenti indispensabili per fare il salto di qualità nella prevenzione allo sfruttamento e al caporalato. La legge 199 sul versante repressivo sta funzionando, come dimostrano le cronache delle indagini compiute. Ma sul versante della prevenzione, lo stato d’avanzamento della sua attuazione nella progressista Toscana è inaccettabile”.

“Abbiamo la normativa più avanzata d’Europa sul contrasto al caporalato, l’abbiamo conquistata con le nostre lotte – chiosa il segretario generale Flai della Toscana -. La mancanza della piena applicazione della legge 199 contro il caporalato è il vero problema: pochissimi ispettori, controlli fatti a spot e assenza di azioni concrete per far funzionare le Sezioni territoriali della Rete del lavoro agricolo di qualità”.

Il Protocollo regionale rinnovato ieri, e sottoscritto per la prima volta nel 2016, impegna le istituzioni e le parti sociali coinvolte, ognuna nell’ambito delle proprie competenze, a perseguire gli impegni assunti contro il caporalato e lo sfruttamento lavorativo in agricoltura. Quattro sono gli assi principali su cui si muove l’atto: attivare interventi coordinati tra gli organismi pubblici di controllo e quelli paritetici di prevenzione; promuovere concrete azioni a garanzia delle condizioni di legalità, salute e sicurezza nei luoghi di lavoro (anche mediante l’intervento del sistema della bilateralità); individuare e diffondere pratiche che valorizzino e incentivino le attività economiche del settore agricolo delle imprese che operano in condizioni di legalità e sicurezza; mantenere forme di condizionalità relativa al rispetto dei diritti contrattuali dei lavoratori e al rispetto delle norme in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro per l’accesso ai fondi europei.

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