Lavoratori migranti e ditte in appalto, l’Europa deve dare risposte

“lI mio nome è Warnakulasuriya Christopher, vengo dallo Sri Lanka”, inizia così la testimonianza di un lavoratore in appalto del settore delle carni, delegato della Flai Cgil, che accende i riflettori su una patologica realtà, che vede protagonisti soprattutto gli operai più deboli, quelli emigrati in Italia in cerca di un futuro migliore per sé e le proprie famiglie, spesso in fuga da guerre, carestie, endemica povertà, vittime di leggi che attraverso la catena degli appalti riducono considerevolmente diritti e tutele. La federazione europea dei sindacati per l’alimentazione, l’agricoltura e il turismo, Effat, ha organizzato una giornata di discussione con parlamentari dell’Ue e il Commissario al lavoro e diritti sociali, Nicolas Schmit, proprio per affrontare il tema dei tanti, troppi lavoratori stranieri delle ditte di appalto malpagati, sfruttati, privati dei loro diritti e capire quale sia la strada più breve per proteggerli. “Mobile and migrant workers, what’s the road ahead for their protection in Europe?”. “Sindacalisti provenienti da diversi paesi  – sottolinea Andrea Coinu, responsabile internazionale Flai Cgil – sono d’accordo nel denunciare un modello economico che per sopravvivere, in agricoltura come nel turismo, ha bisogno di lavoratori usa e getta, sfruttabili, con pochissime pretese economiche e con ancora inferiori pretese di diritti. Un meccanismo che ogni Stato perseguita in modo diverso, con il rischio di creare un vero e proprio dumping. Serve creare un libro mastro europeo delle società in appalto per evitare che dietro questo mondo si possano nascondere evasione fiscale, sfruttamento del lavoro e malavita organizzata”.

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