Eolico: una ricerca della Flai Cgil sull’impatto sulla pesca del parco eolico offshore al largo delle Egadi. “Aprire la concertazione con tutti gli interlocutori per evitare di colpire pesantemente l’economia dell’area legata alla pesca e i lavoratori”

Le fonti rinnovabili sono il presente e il futuro, alla luce degli stravolgimenti climatici provocati dalle fonti fossili e dalle speculazioni che si innestano sul cosiddetto mercato dell’energia. Ma quali saranno gli effetti sul mondo del lavoro e sulle produzioni locali, di fronte al progettato parco eolico offshore al largo delle isole Egadi? Per contribuire a una discussione costruttiva indicando soluzioni che tengano conto delle esigenze in campo, a partire da quelle dei lavoratori, il Dipartimento pesca della Flai Cgil nazionale ha redatto uno studio scientifico, coordinato dall’ecologo Franco Andaloro, sull’impatto sulla pesca dell’impianto eolico offshore della società Renexia Medwind. Una parco energetico che interesserà 800 chilometri quadrati al largo delle isole Egadi. La ricerca, che prende in considerazione oltre 200 lavori scientifici e si avvale dei dati più aggiornati da più fonti e di interviste alle categorie nelle aree coinvolte, è finanziata nell’ambito del programma nazionale triennale pesca e acquacoltura 20/22 e 20/24, adottato con un decreto ministeriale del 18 maggio scorso del ministero delle politiche agricole e forestali. “Il nostro obiettivo – ha tirato le somme Antonio Pucillo, responsabile del Dipartimento pesca della Flai nazionale – è valutare l’impatto di questa opera sulle attività di pesca nell’area interessata, per una concertazione che tenga conto di tutti i fattori in campo. Siamo a favore del progetto, ma la sua realizzazione non deve avvenire a discapito di marinerie già provate dalla crisi”. “Dal nostro punto di vista – ha sottolineato Tonino Russo, segretario generale della Flai Cgil Sicilia – vanno valutate e concertate tutte le misure di mitigazione e di compensazione che si renderanno necessarie, visto che l’impatto sulle attività di pesca dell’area ci sarà”. L’impianto, rileva la ricerca, rischia di sottrarre il 50% della produzione alle 139 imbarcazioni a strascico e alle 18 a grandi pelagici delle flotte che operano nell’area, quelle di Mazara del Vallo, Marsala, Trapani e delle stesse isole Egadi. Si tratta di imbarcazioni adibite alla pesca del gambero rosso e di altre specie, al tonno e pescespada, tra le 470 presenti nella zona, che impegnano 1066 pescatori. Lo studio ha messo in evidenza l’impatto specifico sull’area interessata, andando oltre le valutazioni di macroscala fin qui realizzate che riguardano l’intera Sicilia, assegnando percentuali di riduzione di gran lunga inferiori ma che focalizzandole sull’area in questione si aggirerebbero comunque intorno al 37%. “Il tema – ha detto il segretario generale della Cgil Sicilia, Alfio Mannino – è governare i processi di transizione energetica necessari per contrastare i cambiamenti climatici, rispettando le esigenze dei lavoratori”. Il sindacato ritiene che sia necessaria, come indicano anche le disposizione europee, “una concertazione puntuale con le categorie e i pescatori delle realtà locali interessate”. Concertazione che dovrebbe includere i temi della localizzazione e del dimensionamento dell’impianto, sulla base di dati precisi forniti dal soggetto realizzatore, di studi sull’impatto sulla pesca incluse le fasi di costruzione e decommissione, che sono le più impattanti. I piani di mitigazione e compensazione, per la Flai, dovranno essere applicabili visto che i pescatori rivendicano il diritto di continuare la loro attività, che in ogni caso sarà penalizzata nell’area dove sorgerà l’impianto, per motivi di sicurezza, di inadeguatezza della flotta e di condizioni meteo difficili per la pesca artigianale. Anche nell’ipotesi di ridimensionamento da 2.500 Kmq a 800 Kmq “l’area effettivamente sottratta alla pesca non diminuisce, in quanto la riduzione esclude aree non strascicabili e nelle quali non si può effettuare la pesca con i palangari per tonno e pescespada, che sono le attività più colpite”. Peraltro la pesca a strascico nella Sicilia meridionale vedrà le aree di pesca sempre più ridotte, sia per i limiti a questo tipo di pesca, sia per la realizzazione della zona economica esclusiva, sia a causa di altri impianti di eolico offshore proposti nella Sicilia meridionale. “Sulla base delle esperienze fatte fino a oggi in altri Paesi – rileva lo studio – non è ancora possibile immaginare l’effetto che l’impianto potrà avere sulle risorse ittiche. Possiamo ritenere che si andrà a una profonda modificazione della biodiversità dell’area e dell’intero ecosistema”. Una delle ipotesi avanzate dalla Flai è una realizzazione dell’impianto per piccoli moduli sottoposti a un organismo di monitoraggio indipendente, applicando un approccio adattativo. “Andiamo avanti con le energie alternative – conclude la Flai – eolico, solare e quant’altro. Avendo però cura di quello che accade alla terra e al mare, delle ricadute sul mondo del lavoro e sulle comunità locali. Riteniamo che una concertazione continua e supportata da dati e informazioni scientifiche sia fondamentale”. In quattro ore di discussione sono intervenuti i sindaci delle marinerie interessate, le associazioni ambientaliste e quelle datoriali ittiche che hanno spiegato i problemi derivanti dalla messa in atto della grande opera, ha preso la parola anche il direttore generale di Renexia, la società che realizzerà il parco eolico, tutti chiamati al confronto dalla Flai Cgil. Prove di orchestra, per una buona concertazione. 

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