Agricoltura, Flai Cgil: Nella nuova Visione Ue manca il contrasto al lavoro sfruttato

Agricoltura, Flai Cgil: Nella nuova Visione Ue manca il contrasto al lavoro sfruttato

«Esprimiamo preoccupazione per alcuni elementi della strategia europea per l’agricoltura e il cibo presentata ieri dal Commissario Ue all’Agricoltura Hansen e dal Vicepresidente esecutivo Fitto. Dopo la grande conquista dell’introduzione della condizionalità sociale nella scorsa programmazione europea, riteniamo che non venga sufficientemente ribadita l’importanza della tutela dei lavoratori e delle lavoratrici del comparto primario, che anzi, secondo noi dovrebbe venir ulteriormente rafforzata». Lo dichiara Silvia Guaraldi, segretaria nazionale Flai Cgil, commentando la presentazione della “Vision for agriculture and food” avvenuta ieri a Bruxelles.

«Non si può parlare di competitività del settore e di semplificazioni senza tenere in considerazione la piaga sempre più estesa dello sfruttamento e del caporalato in agricoltura – prosegue Guaraldi -. Il lavoro è il grande assente di questo documento della Commissione Ue ed è proprio sullo sfruttamento della manodopera che si gioca spesso la concorrenza sleale tra le imprese, che compromette la qualità e la sostenibilità delle nostre produzioni. L’Italia ha una legislazione molto avanzata sul tema che potrebbe essere valorizzata in Ue e che potrebbe consentire un’azione di contrasto coordinato e strutturato a livello europeo ai fenomeni di sfruttamento; servono regole condivise almeno in ambito Ue per l’impego della manodopera così da superare e prevenire forme di dumping».

«Bene lavorare sul ricambio generazionale – chiosa la segretaria nazionale Flai Cgil -, per mantenere in vita e far crescere un settore che oggi non è particolarmente attrattivo per i giovani che potrebbero invece dare uno slancio fondamentale al comparto sia per quanto riguarda l’innovazione tecnologica che per quanto concerne l’attività di tutela del territorio e delle aree interne, che vivono da troppo tempo un drastico abbandono. Servirebbe inoltre un maggior coraggio nell’affrontare il tema di un modello produttivo alternativo che si fondi sul rispetto degli equilibri naturali e sull’attenzione all’uso di sostanze chimiche che mettono a rischio sia la fertilità a lungo termine dei terreni che la salute e la sicurezza di lavoratori e consumatori».

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