5 giugno: Giornata Mondiale dell’Ambiente

Si celebra oggi la 46ima Giornata Mondiale dell’Ambiente, istituita a Stoccolma ben 48 anni fa.

Da allora, nonostante gli impegni presi dai 113 Paesi partecipanti, e dalle successive 25 Conferenze con altrettante direttive poco è cambiato, se non addirittura peggiorato!

Sarebbe ironico se non preoccupante occuparsi da quasi 50 anni di migliorare l’ambiente che ci ospita mentre gli indicatori invece ci indicano una tendenza negativa che negli ultimi anni appare come tragica e irreversibile.

Ma come abbiamo scritto più volte in questi mesi, dobbiamo saper interpretare il messaggio centrale della “pandemia” come un’urgenza non più rinviabile e come un’occasione per intervenire con misure concrete e coraggiose in favore dell’ambiente e dello sviluppo sostenibile. Proprio in questi giorni in cui gli effetti della pandemia sull’economia e sulla società si sono manifestati in tutta la loro violenza, dobbiamo fare uno sforzo di coesione per condividere un percorso nuovo e alternativo all’attuale modello economico e sociale che col Covid ha dimostrato ià suoi limiti.

Come FLAI-CGIL riteniamo questa giornata come l’ennesima occasione per rilanciare le numerose proposte che negli ultimi mesi abbiamo avanzato: il rispetto della natura, dell’ambiente, della biodiversità a favore di uno sviluppo sostenibile basato sull’economia circolare, proprio a partire dai settori che rappresentiamo.

Perché come recita la stessa Commissione Europea “La pandemia di Covid-19 ci ha anche reso consapevoli dell’importanza dei lavoratori dell’agroalimentare; sarà particolarmente importante attenuare gli impatti socio-economici e garantire i diritti sociali a tutta la filiera agroindustriale, specialmente per quanto riguarda i lavoratori precari, stagionali e non dichiarati. Vigilare sulla protezione sociale e sulle condizioni lavorative e abitative dei lavoratori, sulla loro salute sono la base per nuovi modelli equi, solidi e sostenibili.”

Abbiamo dunque due ambiti su cui provare a incidere: in primis sul rilancio del dibattito sul modello di sviluppo che nostro Paese adotterà, augurandoci nei prossimi tempi si attivi oltre gli annunci propagandistici, iniziando ad esempio ad indicare maggiori condizionalità alle risorse destinate alle imprese, legandole prioritariamente all’occupazione e ai parametri ESG (ambiente, diritti umani e governance).

La strada proposta dalla Commissione Europea, di costruire un new green deal che parta proprio dalle questioni ambientali e alimentari con la cosiddetta strategia “farm to fork”, ci sembra un’ottima intuizione, anche se la nostra paura è che i titoli finora presentati possano rimanere degli slogan a totale appannaggio mediatico dei politici che li sponsorizzano e delle multinazionali che continueranno a trarre vantaggi dall’attuale sistema di sfruttamento degli uomini e dell’ambiente.

Garantire una transizione equa, ridurre l’inquinamento per produrre il cibo, verificare le importazioni, migliorare la qualità delle produzioni per tutelare chi si alimenta e produce ma anche ambiente e biodiversità, sono passaggi obbligatori per un miglioramento sostanziale che vada incontro alle indicazioni dell’Agenda 2030 dell’ONU e della FAO per combattere la fame nel mondo.

Sono scelte che arrivano comunque troppo tardi e per questo devono essere attuate immediatamente evitando che i singoli paesi membri possano in qualche modo minarne l’efficacia coi loro processi di applicazione territoriali e naturalmente devono essere accompagnate dall’individuazione di risorse specificamente dedicate.

Questo perché è impensabile non avviare una severa fase di coordinamento delle politiche comunitarie su queste materie, cosi come è impensabile non rilanciare il ruolo del Pubblico e dello Stato rispetto alla salute dell’ambiente, delle persone che vivono l’Europa e del cibo che questi producono e usano per vivere.

Giornate di appello, come quella odierna, devono smettere di essere momenti di denuncia, urge che diventino momenti di confronto democratico e di dibattito ampio, che riescano ad individuare fattivamente nuovi processi per un modello di sviluppo che tuteli le biodiversità e faccia ereditare alle giovani generazioni un pianeta il meno compromesso possibile sia sul versante ambientale, sia sul rispetto del lavoro e delle persone.

 

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