Il voto è la nostra rivolta

La battaglia referendaria è difficile, impegnativa, ma possiamo vincerla, e non lo diciamo solo per scaldare i cuori di noi militanti

È necessario agire, agire ora e agire con protagonismo. Dobbiamo farlo per difendere gli spazi democratici garantiti dalla Costituzione e per sostituire al disegno della società imposto da anni di politiche neoliberiste, il nostro, basato innanzitutto su un’idea chiara, precisa, equa, di giustizia sociale. Questo abbiamo inteso quando abbiamo lanciato la mobilitazione per la campagna referendaria. L’obiettivo è innanzitutto raggiungere il quorum, una sfida molto importante per la nostra organizzazione sindacale intrapresa con una consapevolezza: i referendum possono cambiare, immediatamente, le condizioni materiali delle persone e mandare, al Paese, un messaggio potentissimo che “cambiare in meglio lo stato delle cose si può”.

Siamo consapevoli che far vincere i SI ai quattro referendum sul lavoro non significa cancellare di colpo la precarietà, che ha permeato i diversi ambiti della legislazione lavoristica del nostro Paese, ma vincere questa battaglia significherebbe sferrare un colpo importante alle leggi più ingiuste che mortificano la dignità delle persone che lavorano e aprire, così, una crepa all’intero impianto delle leggi che hanno destrutturato il lavoro in questi ultimi 25 anni. Il nostro impegno per cambiare questa società è prima di tutto una denuncia, contro la precarietà, l’insicurezza, i licenziamenti facili.

Il nostro è il Paese dei record, come dice Meloni, ma dei più tristi: degli infortuni e delle morti sul lavoro, dei part-time involontari, dei contratti irregolari, dello sfruttamento, dell’illegalità. Oggi in questa Italia da primato sul lavoro muoiono ancora tre persone al giorno, una media da strisciante “guerra civile”. Esiste e resiste un’infinita filiera di appalti e subappalti incontrollata che rende il lavoro ancora più precario e la sicurezza sempre più incerta. Dobbiamo spezzare queste catene formate negli ultimi 25 anni da politiche sul lavoro che dovevano produrre occupazione e libertà individuali, e invece hanno generato solo precarietà e insicurezza.

La battaglia è difficile, impegnativa, ma possiamo vincerla, e non lo diciamo solo per scaldare i cuori di noi militanti. Come ha detto Maurizio Landini, se ognuno dei cinque milioni di iscritti alla Cgil dovesse portare al voto cinque persone non iscritte, raggiungeremmo il quorum. Ciò significa che il lavoro da fare sarà “interno”, per rendere ogni nostro iscritto protagonista della campagna referendaria e, contemporaneamente, “esterno” per centrare l’obiettivo. Perciò saremo tutti impegnati con generosità e passione. Andremo nei luoghi di lavoro ma anche nei mercati dei quartieri cittadini, nelle periferie e nelle aree interne del Paese, con il nostro sindacato di strada, per parlare ai lavoratori agricoli, ai forestali e a tutte quelle persone che vivono di lavoro povero, precario e a volte anche sfruttato. Potremo prenderci qualche critica ma è lì che dobbiamo stare, non solo ora ma anche dopo i referendum, per organizzare quelle persone che spesso sono abbandonate dalla politica e dallo Stato. Ed è proprio in quegli ambiti, nelle periferie e nelle zone marginali della nostra Italia che tutto ciò diventa anche disaffezione per il voto e astensionismo perché ci si sente abbandonati da tutti.

La Flai sarà impegnata anche a consolidare quelle alleanze con le associazioni con le quali ha intrapreso un cammino comune di reciproca solidarietà. Siamo una grande organizzazione ma abbiamo anche la consapevolezza che lo sforzo da affrontare è grande e quindi proporremo ad esse di darci una mano, di condividere il nostro sforzo, come già sta avvenendo nei comitati referendari che stanno nascendo in tutta Italia, dove la Cgil non è da sola ma insieme ad associazioni e personalità del mondo della cultura e dello spettacolo.

Importante sarà individuare in ogni luogo di lavoro il responsabile della campagna referendaria così come si dovrà trasformare ogni evento che abbiamo già programmato in un momento di discussione sui 5 referendum perché anche quello sulla cittadinanza ci riguarda e lo sosterremo allo stesso modo degli altri.

Insieme ai compagni e alle compagne della Campania, stiamo lavorando per arricchire la terza edizione della festa di musica contadina e popolare, che si svolgerà dal 4 al 6 aprile prossimo al Fondo Nappo, con dibattiti e discussioni sui 5 SI ai referendum per coinvolgere le migliaia di giovani che negli anni scorsi sono arrivati da diverse regioni per ascoltare i concerti di musica popolare.

Il referendum è, forse, l’unico vero spazio di libertà individuale che ci è rimasto per cambiare le cose che non vanno perché non delega nessuno ma ci rende protagonisti del cambiamento.

È il tempo di agire. Avanti tutta!

Giovanni Mininni
Segretario generale Flai nazionale

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