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Treviso, partono i lavori della Sezione territoriale della Rete del lavoro agricolo di qualità. Flai: Subito un monitoraggio dei lavoratori in appalto

In Veneto è il primo organismo di questo tipo ad essere istituito. «Sul fronte della prevenzione pensiamo che si debba intervenire su alloggio, trasporti e sull’incrocio tra domanda e offerta di lavoro, alcuni degli elementi sui quali il caporalato più si alimenta», dichiarano in una nota il segretario generale della Flai Treviso Danilo Maggiore e il segretario regionale della Flai Veneto Sebastiano Grosselle

Si è riunita ieri a Treviso, presso la Prefettura, la Sezione territoriale della Rete del lavoro agricolo di qualità che si era insediata lo scorso marzo. Si tratta della prima Sezione istituita in Veneto. Questo tipo di organismi, istituiti dalla legge 199 del 2016, sono un luogo di confronto tra i vari soggetti di rappresentanza – sindacato e associazioni di categoria – e istituzionali attivi nel settore agricolo, che ha il compito di realizzare misure di contrasto e prevenzione all’illegalità. Parliamo di «uno strumento di grande importanza per il territorio e la sua economia agricola», dichiarano in un comunicato il segretario generale della Flai Treviso Danilo Maggiore e il segretario regionale della Flai Veneto Sebastiano Grosselle.

Come prima iniziativa, la Sezione territoriale di Treviso ha stabilito di compilare uno schema di rilevazione dei lavoratori coinvolti nel meccanismo degli appalti, basandosi sull’obbligo che le aziende agricole hanno, in virtù delle norme del Contratto nazionale e territoriale, di comunicare le lavorazioni in appalto all’ente bilaterale del settore.

«Questa comunicazione obbligatoria – commentano Maggiore e Grosselle – è fondamentale perché è proprio attraverso il meccanismo dell’appalto che alcune aziende agricole ricavano grossi margini sulle spalle dei lavoratori, risparmiando sul costo del lavoro e scaricando le responsabilità rispetto allo sfruttamento e all’illegalità a cui queste persone sono molte volte sottoposte, fingendo di non sapere che dietro all’appalto che stanno facendo si nascondono tali situazioni. Questo è il caso, ad esempio, dei molti lavoratori indiani che attraverso la Flai l’anno scorso hanno denunciato la propria situazione e il caporale che li teneva in stato di schiavitù, estorcendo loro enormi somme di denaro e frodandoli con la promessa di un titolo di soggiorno inesistente. È a soggetti come quel caporale che, troppo spesso, sono intestati gli appalti in questione, dunque è questo il principale fenomeno da contrastare».

L’obiettivo che la Flai si è data all’interno della Sezione territoriale di Treviso, oltre al contrasto e alla denuncia, è anche quello di prevenire questi fenomeni diffusi nei campi della provincia. Sono pratiche «che abbiamo toccato con mano attraverso la nostra attività di sindacato di strada», insistono i due segretari.

«Sul fronte della prevenzione pensiamo sia necessario che la Sezione territoriale intervenga sui temi di alloggio, trasporti e sull’incrocio tra domanda e offerta di lavoro, alcuni degli elementi sui quali il caporalato più si alimenta – chiosano Maggiore e Grosselle -. Pensiamo che, all’interno della Sezione, le parti sociali e le istituzioni del territorio, condividendo un obiettivo comune, possano trovare strumenti importanti per dare risposte fondamentali per questo settore tanto vitale e strategico per il Paese quanto, troppo spesso, teatro di sfruttamento e illegalità. Come Flai di Treviso saremo impegnati all’interno di essa per dare il nostro contributo per un modello economico agricolo giusto, sano e sostenibile, e continueremo a contrastare in ogni luogo l’attuale impianto normativo sulla migrazione basto sulla Legge Bossi-Fini e il meccanismo dei decreti Flussi, concause del cancro dello sfruttamento, dell’illegalità e dell’irregolarità nel settore agricolo».

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