STOP GENOCIDIO

Biancoforno, il tribunale di Pisa dà ragione alla sindacalista della Flai querelata

Il giudice ha ritenuto diritto di critica e non diffamazione nei confronti dei fratelli Lami, proprietari dell’azienda dolciaria di Fornacette, il contenuto di un messaggio whatsapp tra la segretaria provinciale Merola e i delegati

Non ha diffamato nessuno Natasha Merola, lo ha deciso il tribunale di Pisa che ha disposto l’archiviazione della querela intentata dai fratelli Lami, proprietari della Biancoforno di Fornacette, nel comune di Calcinaia. In sostanza il giudice ha ritenuto che nel contenuto di un messaggio whatsapp tra la segretaria provinciale della Flai Cgil e gli iscritti al sindacato non vi fossero frasi diffamatorie. Si può esprimere il proprio pensiero senza commettere reato, anche nel cuore di una difficile vertenza per assicurare fisiologici diritti a lavoratrici e lavoratori della storica fabbrica di prodotti dolciari. Una denuncia arrivata fra l’altro quando, grazie alla mediazione di Unionfood, era stato congelato uno sciopero che riguardava anche aspetti poco chiari della vita quotidiana Biancoforno. Come, ad esempio, la storica indisponibilità della proprietà e del management a far svolgere, come da contratto, assemblee sindacali all’interno della fabbrica. 

La segretaria provinciale della Flai Cgil è stata accusata da Luca e Franco Lami di averli insultati. Ma se da un lato vi è la tutela dell’integrità della reputazione, dall’altro lato vi è uno dei principali diritti costituzionali, ossia la libera manifestazione del pensiero, che si esplica anche tramite il diritto di critica. 

Luca e Franco Lami, imprenditori di successo con la Biancoforno Spa, 55 milioni di fatturato di cui un terzo di export, verso Germania e Inghilterra soprattutto, sono noti per un’organizzazione d’impresa che sembra rimasta al primo dopoguerra del secolo scorso. I 196 addetti – compresa una trentina di interinali con 10, 15 anni di anzianità di servizio senza mai assunzioni dirette – sono stati per anni costretti ad aspettare via whatsapp i turni di lavoro, con orari che si allungavano o accorciavano a discrezione della proprietà, visto che è il caporeparto con una pacca sulla spalla poteva dare lo stop alla giornata, oppure comunicare verbalmente di continuare a lavorare ancora ‘per esigenze produttive’. 

La decisione del tribunale di Pisa rende giustizia a Natasha Merola e alla sua coraggiosa attività sindacale per difendere le lavoratrici e dei lavoratori di Biancoforno. 

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