Tono Zancanaro

Marietta Gardini, mondina di Roncoferraro
1952
Tecnica mista su tela

L’opera, come quella conservata dalla Camera del Lavoro di Ferrara, appartiene al periodo in cui Zancanaro, Treccani e altri artisti usavano recarsi a Roncoferraro a dipingere, vivendo a stretto contatto con le lavoratrici ed i lavoratori delle risaie.

Fu proprio Ernesto Treccani, in Arte per amore*, a raccontare:

Roncoferraro è un grosso paese del Mantovano, dove cresce abbondante il grano e soprattutto il riso. Nella giusta stagione, e cioè all’inizio dell’estate e nel primo autunno, i campi sterminati si punteggiano di donne ricurve, dai grandi capelli di paglia chiara, immerse nell’acqua fino sopra il ginocchio durante la monda e il trapianto, seminascoste nel riso durante la falciatura. Lavoro duro, lavoro pesante; le donne avanzano adagio, in fila serrata, oppure ondeggiano facendosi largo col falcetto tra il riso maturo. Quando si leva il canto delle mondine, lento e triste, acuto e gaio, e l’occhio corre alle colonnine dei bianchi tronchi tutto intorno al grande campo, la fatica di quel lavoro si compone – per chi guarda e ascolta – in un sentimento di amore.
Chi ha vissuto un poco tra le mondine, ha trovato di che imparare. Noi – dico io e Zancanaro che a Roncoferraro passiamo la stagione della monda e del taglio e non solo da quest’anno – molto abbiamo imparato e lavorato. Qui tutte e tutti ci conoscono; quando Zancanaro appare da lontano con la sua palandrana scura e il basco e la cassetta degli inchiostri a tracolla, si levano gioiosi i saluti: dov’è l’Ernesto, dov’è l’altro pittore? Gli chiedono, e allora dall’altro campo spunto io.”

 *E. Treccani, Arte per amore, Giordano Editore – Milano 1966

Tono Zancanaro – biografia

Figlio di un meccanico e di una casalinga, frequenta le scuole elementari, il ginnasio e successivamente corsi artigianali serali. Terminato il servizio di leva viene assunto presso una banca dove lavora circa un triennio. Sopraggiunta la disoccupazione, per la chiusura dell’istituto di credito dove era impiegato, si reca più volte a Firenze. Nel capoluogo toscano divide il suo tempo tra musei e lettura. 

Dal 1932 inizia a dipingere e, l’anno seguente, espone in alcune collettive. Nel 1935, ancora a Firenze, entra in contatto con Ottone Rosai. Una serie di viaggi a Parigi lo mettono di fronte alle ultime tendenze dell’arte, ma alle esperienze moderne Zancanaro continua a preferire lo studio del mondo greco e rinascimentale. 

A partire del 1937 l’artista prende contatto con alcuni esponenti dell’antifascismo universitario, tar cui Eugenio Curiel, già direttore de «Il bo». In questi anni, esegue il suo primo Gibbo, caricatura surreale di Mussolini. 

Successivamente dà il suo contributo per l’educazione dei ragazzi ebrei discriminati dalle leggi razziali del 1938.

Nel 1942 si iscrive al Partito comunista. Ricoverato in ospedale con una diagnosi letale, vi trascorre alcune settimane ricavando dai contorni delle ombre che vede sulle pareti suggerimenti per sviluppare il tema del Gibbo. A partire dagli anni Cinquanta, stimolato dall’amicizia con Renato Gottuso, Mino Maccari e Carlo Levi, si dedica alla pittura realista. Successivamente stringe contatti con l’ambiente milanese, dove già conosceva Ernesto Treccani, e con quello siciliano di Leonardo Sciascia e dell’Editore Sellerio. Nel 1970 diviene titolare della cattedra d’incisione all’Accademia di Belle Arti di Ravenna e nel 1977 lavora con la Cooperativa del Mosaico.