Foggia, Cgil e Flai: “Bossi-Fini legge da cambiare. Le imprese scelgano la legalità”

Un’operazione della Guardia di Finanza porta alla scoperta di frodi previdenziali e sfruttamento dell’immigrazione

“L’operazione condotta dalla Guardia di Finanza in provincia di Foggia, che ha portato alla scoperta di frodi previdenziali e sfruttamento dell’immigrazione per trarre vantaggi economici, denota ancora una volta tutti i limiti di una legge come la Bossi-Fini, che presenta un impianto normativo discriminatorio nei confronti dei lavoratori stranieri, li rende ricattabili, li trasforma in merce per chi senza dignità alcuna specula sulla vita di queste persone”. È il commento della Cgil e della Flai di Capitanata sull’indagine che ha coinvolto imprenditori, professionisti, funzionario pubblici.

“La normativa andrebbe radicalmente modificata, permettendo l’ingresso regolare per ricerca di lavoro e assieme favorendo l’emersione degli stranieri già presenti irregolarmente nel nostro Paese, che diventano facili vittime di caporali e imprenditori senza scrupoli, andando ad alimentare il mercato nero del lavoro, favorendo poi condizioni di accoglienza a dir poco precarie come quelle dei ghetti e determinando un danno all’erario in termini di tasse e contributi evasi”, affermano i segretari generali della Cgil, Gianni Palma, e della Flai, Giovanni Tarantella.

“Siamo a ridosso dell’inizio della grande stagione di raccolta, nonostante le risorse stanziate per il loro superamento passerà un altro anno in cui i ghetti – da Borgo Mezzanone a Torre Antonacci – saranno le uniche possibilità di ricovero per migliaia di lavoratori stagionali, con tutte le emergenza note legate alle condizioni di vita in quei luoghi, alla merce di criminalità e caporali. Andrebbe rilanciato lo strumento della Rete del lavoro agricolo di qualità, previsto dalla Legge 199 contro lavoro nero e caporalato, praticamente boicottata dalle imprese, che in numero ridotto vi hanno aderito. Andrebbe ripresa la legge regionale contro il lavoro nero del 2006, che prevedeva parametri per collegare produzione e forza lavoro, i cosiddetti indici di congruità, affinché si contrastino le frodi che mirano all’indebito conseguimento del sussidio di disoccupazione, ma che evidenzino anche quelle situazioni dove platealmente nel rapporto ettaro colturale – manodopera si evidenzia il ricorso a lavoro nero e grigio. Inutile dire che anche questi indici furono contrastati dalle imprese e impugnati dinanzi al Tar. Eppure ce ne sono tante, le incontriamo nella nostra azione di rappresentanza, che vogliono lavorare nel rispetto delle norme, e sono anch’esse danneggiate da chi fa dumping puntando su sfruttamento ed elusione delle leggi”.

“È necessaria – concludono Palma e Tarantella – un’assunzione di responsabilità collettiva rispetto al contrasto alle economie illegali in questa provincia. Non possiamo che ringraziare magistratura e forze dell’ordine che da qualche anno hanno innalzato il livello di attenzione e contrasto a fenomeni di sfruttamento e frodi, soprattutto in un settore strategico per la nostra provincia come quello agricolo. Che al di là degli interessi criminali, deve smetterla di scaricare sugli ultimi, sui lavoratori, sulle persone che non sono nelle condizioni di reclamare diritti, le proprie difficoltà”.

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