Immigrazione, quanto è difficile parlare di integrazione in Italia

Jean Renè Bilongo

Il 26 ottobre scorso, è stata presentata contemporaneamente in tutti i capoluoghi di Regione e di Province Autonome la 33esima edizione del Dossier Statistico Immigrazione a cura del Centro Studi e Ricerche Idos. Un’occasione unica per ripercorrere quanto avvenuto in Italia negli ultimi 25 anni, un quadro chiaroscuro dei provvedimenti adottati e dell’approccio scelto. All’evento di presentazione nella Capitale, il Presidente di Idos Luca Di Sciullo non ha usato mezzi termini per criticare l’assenza di respiro e la miopia politica di questa lunga stagione: “Dopo mezzo secolo di storia dell’immigrazione in Italia, ci saremmo aspettati di essere qui a parlare di politiche di integrazione. Ma il tema è stato del tutto rimosso dall’orizzonte del pensiero, ancor prima che dal dibattito pubblico e dall’agenda politica. Al punto da far diventare l’integrazione un qualcosa di normativamente assente, concettualmente frainteso e operativamente disatteso. Siamo invece ancora impantanati a disquisire sugli inefficienti meccanismi di ingresso e regole di permanenza regolare dei migranti, problemi che un Paese civile avrebbe dovuto aver già risolto da tempo, facendone un permanente terreno di caccia elettorale. Pertanto, la vera emergenza non è l’immigrazione in sé, ma la carenza di un impianto normativo serio, che la regoli in maniera ragionevole e giusta. Il vero allarme sociale non sono gli stranieri, ma una classe politica astratta dalla realtà e non all’altezza delle sfide epocali connesse alle migrazioni, da almeno un quarto di secolo. Ciò che mette davvero a repentaglio la sicurezza nazionale non sono i profughi che premono ai confini, ma è il trattamento disumano che, per legge, riserviamo loro in modo sistematico in tutti gli ambiti più fondamentali della vita, disconoscendone i diritti basilari e rendendo proibitiva la realizzazione dignitosa della loro persona.” 

In un momento in cui il contrasto all’immigrazione irregolare e le chiusure verso i flussi di richiedenti asilo sono al centro delle scelte politiche, come testimonia la delocalizzazione strutturale dell’emergenza umanitaria in Albania, il Dossier analizza l’aderenza tra le intenzioni politiche e l’efficacia delle misure adottate, tra le quali spicca il trattenimento amministrativo, rafforzato ed esteso ai richiedenti asilo. Emerge vistosamente l’inefficacia del modello detentivo: i CPR esistono già da 25 anni, non funzionano (appena la metà dei trattenuti viene rimpatriata), ma costano enormemente in termini economici (56 milioni di euro solo per la gestione dell’ultimo triennio) e di rispetto dei diritti umani.

A dieci anni dal naufragio del 3 ottobre 2013, e a meno di un anno da quello di Cutro, il contrasto all’immigrazione irregolare si sta concentrando non sui trafficanti (da non confondere con gli scafisti alla guida delle imbarcazioni) ma sui migranti, accomunati e confusi nella categoria dell’irregolarità, anche quando sonopersone in fuga da guerre, crisi climatiche e gravi violazioni dei diritti umani. Stando ai dati raccolti da IDOS nel 2022, su oltre 500.000 stranieri stimati in condizione di soggiorno irregolare in Italia (un decimo rispetto ai poco più di 5 milioni regolarmente residenti), soltanto a 36.770 è stata intimata l’espulsione, circa uno ogni 14 (inclusi 2.804 afghani e 2.221 siriani, che pure fuggono da Paesi in guerra e da gravi pericoli per la propria persona). Di questi, solo 4.304 (11,7%) sono stati effettivamenterimpatriati: una quota estremamente bassa e inferiore a quelle registrate perfino negli anni dell’emergenza sanitaria (15,1% nel 2021 e 13,7% nel 2020), caratterizzati da forti restrizioni nella mobilità internazionale.

Per l’identificazione e l’effettivo rimpatrio dei migranti irregolari l’Italia, ormai dal 1998, ha istituito la detenzione amministrativa in appositi centri, i CPR. Luoghi di diritti negati, come da anni illustrano i rapporti del Garante nazionale dei diritti di donne e uomini privati della libertà personale, ma anche poco utili allo scopo che si prefiggono. Nel 2022, vi sono transitati 6.383 migranti, il 68,7% in più rispetto al 2021 (4.387), ma solo la metàdei trattenuti (49,4%) ne è uscita per rientrare nel Paese d’origine (3.154), un’incidenza in linea con quella degli anni precedenti (50,9% nel 2022 e 49,0% nel 2021), ad evidenziare che la scarsa efficacia non è contingente ma intrinseca al sistema. Da questa 33sima edizione del Dossier, la FLAI si è inserita nel partenariato strategico con Idos nell’ottica di un’alleanza strutturale per concorrere a rimuovere gli “ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.  Il 33simo Dossier ospita un’intera pagina dedicata alla dialettica della FLAI sull’immigrazione nonché di un capitolo sullo sfruttamento del lavoro nei comparti di riferimento della categoria.