Legno: Fillea-Flai-Nuove Ri-Generazioni, per una politica che investa nella produzione, nel riuso e nella resilienza dei materiali

Fiatti, Flai Cgil: “Più del 90% dei forestali sono dipendenti pubblici. E questo è molto importante, perché se la loro attività non produce un valore aggiunto immediato, è comunque un guadagno per l’intera collettività

La filiera foresta-legno italiana presenta un deficit nell’integrazione e nel coordinamento fra i diversi segmenti che la compongono, e l’anello debole della filiera è rappresentato dai settori delle utilizzazioni e della prima trasformazione oltreché dalla dipendenza dall’estero per l’approvvigionamento di materia prima: importiamo l’80% del nostro fabbisogno di prodotti legnosi senza che vi sia una vera valorizzazione del made in Italy. Il legname industriale italiano viene principalmente prelevato (66% del totale) da tre regioni, Lombardia, Trentino-Alto Adige e Calabria, ed è costituito in massima parte da legname grezzo per trancia, sega, sfogliatura (compensati) e travature. E’ quanto emerge dal documento ‘Le filiere della giusta transizione: la risorsa legno’ a cura di Fillea Cgil, Flai, la categoria dell’agroindustria della Cgil e Nuove Ri-Generazioni, l’associazione promossa da Fillea, Spi Cgil e Cgil nazionale, che ha al suo attivo progetti di partenariato con numerose realtà, tra cui Asvis, Legambiente, Forum diseguaglianze e diversità.

Il documento è stato presentato in occasione di un convegno a Roma, al Centro Congressi Frentani. “Nonostante ciò, la filiera produttiva italiana – si legge ancora nel documento – legata alla risorsa legno – connessa sia con le foreste di origine naturale che con le produzioni legnose fuori foresta – rappresenta un’importante realtà produttiva e occupazionale per il Paese e presenta ampie possibilità di crescita e sviluppo”. 

Secondo il documento “il bosco crea servizi di difesa del territorio e della biodiversità, ricreativi e turistici ma anche lavoro e presidio delle aree marginali. Gli operai forestali pubblici al 2020 (Fonte dati Fondazione Metes) risultano poco più di 43.000. In Italia, al 2017 risultano 200 cooperative forestali con più di 5000 tra soci ed addetti. “La foresta è probabilmente la struttura produttiva più ampia d’Italia – spiega Davide Fiatti, segreteria nazionale Flai Cgil nel suo intervento – Noi rappresentiamo più di 40mila lavoratori, la stragrande maggioranza a tempo determinato, con appena settanta giornate lavorative l’anno, per lo più lavoratori anziani, la cui uscita sarà una perdita di professionalità molto preoccupante. Più del 90% di questi lavoratori sono dipendenti del settore pubblico, nelle sue articolazioni. E questo è molto importante, perché se la loro attività non produce un valore aggiunto immediato, è comunque un guadagno per l’intera collettività. La gestione ambientale contrasta i rischi idrogeologici amplificati dagli stravolgimenti climatici, e inoltre tutela il paesaggio. Si tratta di una funzione che rientra tra i principi della nostra Costituzione”. 

Articoli correlati

Ue, sindacati: “Ottima notizia lo stop alla riduzione delle giornate di pesca”

“È un’ottima notizia quella proveniente dal Consiglio Agrifish, che riunisce i Ministri di agricoltura e pesca dell’Unione Europea, in cui il negoziato anche grazie...

Un futuro sostenibile non può ignorare le aree interne

Lunedì ad Arco de’ Ginnasi la presentazione del nuovo numero della rivista AE della Fondazione Metes Per un nuovo modello di sviluppo, per invertire lo...

Nel Paese 200mila irregolari, paghe da fame per chi lavora nei campi, la fotografia del VII Rapporto Agromafie e caporalato

Tra gli 8mila e i 10mila in Piemonte, oltre 6mila in Trentino, più di 10mila in Basilicata, circa 12mila in Calabria, e in tutto il...