Fiatti, Flai Cgil, a Viterbo per ricordare Naceur Messaoudi: “Non si può morire di lavoro”

67 anni fa a Marcinelle morirono 262 minatori, di cui 136 emigrati italiani. “Siamo stati un popolo di migranti, dobbiamo ricordare che si va in altri paesi per sopravvivere, mantenere la propria famiglia, per il sogno di una vita migliore”

In piazza della Repubblica, a Viterbo, per la libertà, i diritti e la dignità del lavoro e dei lavoratori. Libertà, diritti e dignità per tutte e tutti nel nome di Naceur Messaoudi, morto di fatica a Montalto di Castro mentre stava raccogliendo cocomeri con 40 gradi all’ombra. Solidarietà alla famiglia di un migrante vittima di un lavoro necessario ma che non si può svolgere in questo modo. “Siamo qui oggi per l’ennesimo omicidio bianco, una morte sul lavoro nei campi dell’alto Lazio – dichiara Davide Fiatti, segreteria nazionale della Flai Cgil – succede perché non si rispettano le regole, le leggi, le norme. Le norme ci sono: c’è il decreto legislativo 81, c’è la legge 199 contro lo sfruttamento del lavoro e contro l’intermediazione illecita. Non è possibile che si muoia ancora lavorando, per il caldo o per altri motivi”. Mentre manifesta a Viterbo, Fiatti ribadisce che “le norme ci sono, le leggi ci sono. Bisogna rispettare, bisogna controllare, bisogna combattere lo sfruttamento selvaggio. Dobbiamo – sottolinea – rimettere al centro il lavoro e i lavoratori. Non è giusto morire così, uscire di casa la mattina e non rientrare la sera. Oggi ricordiamo un lavoratore straniero, nell’anniversario dell’ecatombe di Marcinelle del 1956. Sessantasette anni fa in Belgio morirono 262 minatori, di cui 136 emigrati italiani”. “Noi siamo stati un popolo di migranti – conclude Fiatti – dobbiamo ricordare che si emigra e si va in altri paesi non per piacere ma per sopravvivere, per mantenere la propria famiglia, e il sogno di una vita migliore”.

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