Conoscere e ricordare. La rivolta delle tabacchine di Lanciano

Tra la fine di maggio e i primi giorni di giugno del 1968 le tabacchine di Lanciano si resero protagoniste di una delle battaglie più eclatanti nell’Abruzzo di quegli anni. 

L’Azienda tabacchi comunicò che l’anno successivo, a causa della modernizzazione dei sistemi di lavorazioni del tabacco, poteva fare a meno di 400 operaie. Il 28 maggio del 1968 venne proclamato un primo sciopero generale: scesero in piazza circa diecimila persone, a sostegno della lotta delle tabacchine scioperarono anche operai di altri settori, insegnanti e studenti. 

Una manifestazione imponente che degenerò in tafferugli e scontri con la polizia. 

Una protesta che trovò spazio sui quotidiani nazionali. Tutta la città di Lanciano venne paralizzata dallo sciopero «le attività sono rimaste ferme: gli uffici pubblici, le banche, i negozi sono rimasti chiusi. La ferrovia Sangritana è stata bloccata dall’astensione totale del personale. L’intera popolazione si è riversata in piazza del Plebiscito ad ascoltare il comizio dei dirigenti sindacali. Verso mezzogiorno le tabacchine sono tornate all’ATI ed hanno occupato la fabbrica», così si legge su un articolo de L’Unità. 

Il 28 maggio iniziò un’occupazione dell’Azienda tabacchi che andò avanti per quaranta giorni, durante i quali le tabacchine lasciarono a casa le famiglie, spesso con i mariti che le reclamavano da dietro i cancelli, implorandole di tornare a casa. Né figli né mariti sono riusciti a farle desistere dalla loro lotta finalizzata a difendere con dignità e coraggio un loro lavoro umile e mal pagato ma necessario. 

Il 4 giugno 1968, in seguito alla rottura delle trattative tra ATI e sindacati, fu proclamata una seconda giornata di sciopero generale. Circa ottomila manifestanti invasero le vie di Lanciano. La polizia, dopo aver lanciato lacrimogeni, caricò violentemente i manifestanti con manganelli e catene di ferro. Le cariche della polizia non fecero altro che esasperare un clima di forte tensione. 

Nel tardo pomeriggio del 5 giugno raggiunsero la città di Lanciano diverse unità mobili, tra cui la celere di Foggia. La notte tra il 5 e il 6 giugno, la polizia circondò i cittadini che stazionavano davanti allo stabilimento in sostegno della protesta delle tabacchine, mettendo in atto una «premeditata e brutale aggressione». L’attacco fu talmente improvviso che nessuno ebbe possibilità di fuggire a quella che venne descritta come una vera e propria caccia all’uomo per le vie della città. 

Le storie e le testimonianze delle protagoniste di questa rivolta sono state raccolte nel volume “Le Tabacchine” curato da Antonio D’Orazio e Vittorio Morelli. È grazie a questo volume se oggi possiamo leggere e ricordare la loro «rivolta per un pezzo di pane». Una rivolta sostenuta da gran parte della popolazione, che solidarizzò con loro, partecipando e sostenendo l’occupazione: c’era chi portava in fabbrica materassi, coperte, cibo e perfino il gelato. Ma c’era anche chi le definì “pazze” e “puttane”. 

«Di quei giorni di protesta ricordo la paura», è il racconto di Teresa Magnarini, che iniziò a venti anni a lavorare in fabbrica e ne aveva trenta quando ci fu lo sciopero. 

«Avevo 15 anni quando sono entrata in fabbrica», racconta Ilde Bucci, classe 1926 di Castel Frentano. Era addetta al trasporto delle balle di tabacco nei vari reparti. Il suo stipendio, nel 1941, anno d’assunzione, era di 54-55 lire al mese, quasi quanto un insegnante.  «Il lavoro era pesante – continua- e si vedeva dalla polvere di quattro dita che portavo sempre sulle spalle». Durante i 40 giorni di sciopero, mangiò e dormì in fabbrica con le altre compagne.

Quella delle tabacchine di Lanciano «fu una rivolta nata per la pagnotta in un paese che moriva di fame». Con la loro battaglia in difesa del lavoro hanno dato vita ad una coscienza collettiva, ma a loro non venne mai riconosciuto il merito, anzi, spesso la loro lotta venne spogliata da connotazioni politiche.

Valeria Cappucci

*foto prese dal web

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