Lettera aperta sul sindacato

Caro direttore,

il sindacato è, ad oggi, la più grande e diffusa organizzazione sociale italiana. Potrà sembrare strano, ma Cgil, Cisl e Uil, nonostante il disprezzo di alcuni politici e le interessate campagne di stampa di alcuni media, rappresentano ancora oggi milioni di italiani che credono nelle organizzazioni dei lavoratori e si impegnano in esse per cambiare le loro condizioni di lavoro, di vita e per costruire un futuro ai propri figli.

Da qualche settimana sono ricominciati a circolare antichi slogan e vecchi luoghi comuni. Il sindacato non rappresenta i lavoratori, è vecchio, è un ostacolo alla modernità, frena il Paese sono solo alcuni dei motti propagandistici che vengono in queste ore ripetuti. Niente di nuovo per chi di noi ha l’età per ricordare. Non erano diversi gli attacchi al sindacato negli anni ’50, e le espressioni usate oggi sono assai simili a quelle di fine anni ’70 inizio ’80. L’unica differenza sta in chi ieri e oggi dileggia il sindacato: ieri la destra, oggi i nuovi “potenti”.

Non vogliamo con questo negare le non poche difficoltà che il sindacato ha dovuto e deve affrontare nella più lunga e drammatica crisi economica che i Paesi maggiormente industrializzati abbiano mai vissuto, così come vogliamo assolverci, in qualità di dirigenti di questo sindacato, degli errori commessi in passato, oggi ed anche in futuro.

Contro la cattiva propaganda ci sembra indispensabile rispondere ad alcune critiche, smentire alcune falsità, avanzare alcune proposte.

Cambiando radicalmente la propria linea politica, fin dalla fine degli anni ’80 la Cgil chiede con forza l’applicazione dell’articolo 39 della Costituzione con il varo di una legge che misuri la rappresentanza, stabilisca le regole della negoziazione e dia efficacia erga omnes ai contratti stipulati e validati con procedure democratiche.

Da allora, è questa una linea politica e una rivendicazione di tutta la confederazione e non certo di una singola categoria. Non ci nascondiamo, d’altro canto, i contrasti su questa ipotesi: dalla Cisl che che preferisce affidarsi al percorso pattizio, alla politica che, nei colloqui privati di alcuni suoi esponenti, dice chiaramente di non voler dare al sindacato maggioritario -la Cgil- il riconoscimento che le spetta per finire ai settori meno dialoganti delle imprese che pretendono di scegliere volta per volta con chi e a che condizioni -più basse possibili- stipulare accordi.

Sono stati questi veti, non altri a impedire sino ad ora di dare attuazione alla Costituzione. E non a caso la Cgil ha fortemente voluto, nonostante alcune contrarietà, un accordo con Confindustria e con le altre associazioni datoriali per certificare la rappresentanza, regolare la negoziazione e approvare con il voto dei lavoratori gli accordi che si stipuleranno.

Un’intesa, quella del 10 gennaio 2014, da molti ritenuta, giustamente, storica, ed anche una scelta coraggiosa che, misurandosi sia per numero di iscritti che per consensi ricevuti nel voto per l’elezione di delegate e delegate nelle RSU, pone la CGIL e tutte le organizzazioni sindacali firmatarie dell’intesa, lontano da qualsiasi rendita di posizione o presunta maggioranza nella rappresentanza.Va detto che quell’accordo incontra ancora resistenza da parte di molte imprese che ancora lo disattendono nonostante i protocolli attuativi siano operativi. Anche per questo, per evitare fughe dalle proprie responsabilità, o peggio furbizie contrattuali, da parte di singoli imprenditori, che la Cgil chiede il varo di una legge. Regolare per via legislativa, sulla base degli accordi che le parti hanno liberamente stipulato, è l’unica strada che può garantire a tutti i lavoratori la potestà e le decisioni in materia contrattuale che a loro spetta, la libera scelta dell’organizzazione a cui iscriversi, la regolazione della negoziazione, dell’esercizio dei diritti sindacali e anche delle azioni di lotta. È sufficiente sapere quali sindacati esistono e quanto contano? Noi la stessa trasparenza e la stessa volontà di contarsi la chiediamo al sistema associativo delle imprese. Negli ultimi anni, infatti, abbiamo assistito a un progressivo moltiplicarsi di sigle, di forme associative, di singole aziende in fuga dal sistema di rappresentanza delle imprese.

Ciò ha prodotto un moltiplicarsi di contratti pirata siglati da associazioni datoriali sconosciute, con fantomatici sindacati al solo scopo di affermare la propri esistenza e abbassare le condizioni salariali e normative

La disgregazione del sistema di rappresentanza delle imprese produce danni notevoli e pregiudica la possibilità di dare una regolazione efficace a sistema delle relazioni sindacali. Il dumping che queste aziende perseguono diventa un costo economico e sociale incalcolabile per il sistema nel su complesso che il decisore pubblico dovrebbe temere e combattere. Non lo fa.

Anzi, spesso, sembra esserne complice.

Il contributo dato dagli accordi sulla rappresentanza siglati con Confindustria e recentemente con Alleanza cooperative, estendono i loro effetti anche sui prossimi rinnovi contrattuali. Sapere chi deve trattare e come si validano gli eventuali accordi è uno straordinario contributo a rendere quelle intese regolate e democratiche. Già oggi molte categorie, tra cui chimici e industria alimentare, hanno presentato alla controparte piattaforme unitarie per rinnovare i contratti nazionali che, nelle intenzioni sindacali dovrebbero innovare profondamente la loro struttura dando valore al livello aziendale dove l’efficienza dell’impresa maggiormente legata alla condizione delle persone, ai modelli organizzativi e produttivi, al valore del lavoro. I una fase in cui tutti parlano di rivedere modelli o strutture della contrattazione, la Cgil e le sue categorie danno, insieme alle rispettive categorie di Cisl e Uil, un contributo non generico di proposte e idee all’interno del modello deciso a livello confederale con gli accordi siglati con Confindustria e il sistema cooperativo.

Così come é impegno ancora piú determinante oggi, dopo i recentissimi dati sulla condizione di lavoratori, pensionati e giovani nel Mezzogiorno, costruire strategie, proposte ed iniziative contrattuali per favorire politiche di ripresa e di sviluppo in questa parte del Paese. Per fare questo sono necessarie politiche pubbliche a sostegno dell’occupazione e degli investimenti, volano ed attrattori di altrettanti investimenti provati.

Nelle intenzioni del governo, almeno per come cronisti e commentatori le riportano, vediamo in questi giorni uno struggente desiderio di intervento nella vita interna della Cgil. Le nostre regole interne, purtroppo per loro, prevedono che solo gli iscritti e le iscritte alla CGIL possono decidere in merito alla linea politica e sui gruppi dirigenti. Sono regole che sino ad oggi hanno ben funzionato e hanno garantito a questa organizzazione l’autonomia (di cui siamo gelosissimi) progettuale, politica ed economica da partiti, aziende, gruppi di interesse. Come tutte le cose ogni tanto necessitano di qualche aggiustamento. A questo fine nella metà di settembre la Cgil svolgerà la sua conferenza di organizzazione che dovrà rendere più partecipati e democratici i processi decisionali, che pone al centro della strategia la contrattazione e la sua maggior inclusivitá verso coloro che oggi non ne beneficiano, con l’obiettivo di aumentare le partecipazione di iscritti ed iscritte le scelte dell’organizzazione.

Le primarie come metodo per la scelta del leader, invocate da più parti sono estranee ad una organizzazione sociale che vuole essere plurale e che della sua pluralità e complessità fa il suo agire quotidiano e la sua convivenza.

Non ci piace l’uomo o la donna sola al comando e non ci piace l’idea autoritaria di un leader che decide per tutti.

Un modo per cambiare lo Statuto e le regole della Cgil c’è: iscriversi e fare dentro la Cgil una battaglia politica leale e aperta da iscritto e, se votato, da dirigente, per cambiare le regole. Vale per chi già oggi è all’interno del sindacato e per chi un domani vorrà iscriversi che sia un saldatore o il presidente del consiglio.

 

Stefania Crogi – segretario generale Flai-Cgil
Gianni Forte – segretario generale Cgil Puglia
Elena Lattuada – segretario generale Cgil Lombardia
Maurizio Lunghi – segretario generale Camera del Lavoro Bologna
Emilio Miceli – segretario generale Filctem- Cgil
Michele Pagliaro – segretario generale Cgil Sicilia
Enrica Valfré – segretario generale Camera del Lavoro Torino

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